Tappa 15: Embrun – Savines-le-Lac. Doveva essere una tappa facile… E invece…!

Questa mattina ci siamo svegliati freschi e riposati dopo la notte trascorsa all’Hotel Le Tourisme di Embrun, abbiamo fatto colazione al bar, fotografato le prime conche di bronzo che segnalano il Cammino è salutato gli scarponi di Stefano. Eravamo di buon umore, pronti ad affrontare una bella giornata e una tappa sostanzialmente breve, che ci avrebbe condotti all’Abbazia di Boscodon. All’uscita dalla città ci siamo separati: Stefano voleva fermarsi a vedere la cattedrale di Embrun, che Roberto e io già avevamo visto ieri sera. Così noi ci siamo incamminati giù per la rocca e poi su per i boschi che circondano Boscodon. Raccomandiamo a tutti di seguire pedissequamente la segnaletica bianca e rossa, per non ripetere la nostra esperienza. A un certo punto della salita, ci siamo resi conto che il GR stava sostanzialmente tagliando le curve di una strada asfaltata, impostando una salita piuttosto ripida in mezzo al sottobosco fradicio per la pioggia di questa notte. Pensando di seguire un percorso più agevole, allora, ci siamo incamminati sull’asfalto, controllando di tanto in tanto la direzione sul GPS. A un certo punto dobbiamo aver controllato male: secondo il GPS eravamo passati su un versante diverso da quello dell’abbazia, che ora si trovava nella valle accanto alla nostra. Poco male: la tappa era breve, allungarla di un paio di chilometri non ci avrebbe uccisi. Abbiamo chiesto al navigatore di portarci all’Abbazia e subito ha individuato un percorso fattibile e ben tracciato. Sulla carta era ben tracciato. Sul terreno, dopo 200 metri, anziché seguire una stradina, ci siamo trovati ad arrancare nell’erba alta, fradicia e poi nella boscaglia, scavalcando torrenti e recinzioni. Dopo un quarto d’ora di sforzi, riusciamo a sbucare in prossimità di alcune case, dove corre una bella strada sterrata: quella segnata su Maps. La imbocchiamo secondo le indicazioni del navigatore e va tutto bene. Per 5 minuti. Poi ci troviamo davanti a un cancello chiuso, al di là del quale non si vede alcuna strada. Nella fattoria vicina troviamo una signora che ci spiega che avremmo dovuto aprire il cancello, seguire la strada, seguire il torrente, arrivare al ponte, prendere a sinistra… Et voilà l’Abbaye!. Le facciamo notare che la strada era sbarrata e non segnata a terra: lei ci dice che dovrebbero – gli dèi delle strade – rinfrescare la segnaletica. Richiude il cancello alle nostre spalle e se ne va.
E qui inizia il calvario. Come avevamo intuito, la strada non esisteva più: era stata invasa da erba e bosco fitto e ormai era impossibile distinguere e seguirne il tracciato. Seguendo piste appartenenti probabilmente a dei cinghiali, abbiamo iniziato a scendere verso il famoso torrente e, dopo una mezz’ora di arrancamenti e scivoloni nel sottobosco fradicio e fitto, abbiamo guadato un corso d’acqua: ormai intravedevamo l’abbazia in alto, davanti a noi…la direzione era buona. Iniziamo a risalire il pendio verso gli edifici e, quando arriviamo in cima, Roberto mi dice di fermarmi: al di là c’è un dirupo verticale che scende al letto di un altro torrente, al quale si unisce quello che avevamo appena attraversato, per poi gettarsi in una cascata alta una quindicina di metri. Dovevamo per forza aggirare il dirupo ai nostri piedi, tornando ad attraversare il primo torrente e raggiungere le sponde del secondo. Dopo un’altra serie di arrancamenti e scivoloni, arriviamo sulla sponda. Le possibilità sono due: guadare gettando delle pietre in acqua o passare direttamente sulla gola, attaccandoci al traliccio che sorreggeva un grosso tubo. Francamente, l’idea del traliccio mi dava i brividi, ma la corrente, troppo forte per rischiare il guado, e l’entusiasmo di Roberto per il nostro ponte improvvisato mi hanno convinta. E così, passo dopo passo, siamo arrivati come due reduci dal Vietnam ai piedi dell’abbazia di Boscodon, luogo di meditazione e preghiera. In puro stile romanico, priva di ogni orpello, ci ha accolti in un silenzio confortante. Dopo aver ringraziato la Madonna con il Bambino che ci hanno condotti fino a lì, ci siamo concessi un pranzo leggero durante il quale effettuare il cambio calze (ormai fradicie e interrate). Abbiamo quindi ripreso il Cammino, sperando che Stefano avesse incontrato meno difficoltà di noi per raggiungere Boscodon.
Dopo un paio d’ore trascorse camminando nella boscaglia, ecco sbucare il lago di Savines-le-Lac. Savines è un paese di recente costruzione, che ha raccolto la popolazione di alcuni villaggi sommersi alla costruzione del lago di Serre-Ponçon. Si tratta di un centro votato al turismo, ma decisamente non all’accoglienza dei pellegrini: anche l’ostello della gioventù ha chiuso i battenti e i pellegrini devono rivolgersi ai normali hotel, con prezzi invariati (ossia una mazzata!). Non certo grazie all’aiuto del Centro del Turismo, siamo riusciti a trovare una stanza all’hotel Les Sources e ora abbiamo trascorso una rilassante serata di chiacchiere… Prima di dormire, solo un pensiero per Eva e per il suo piccolo Alberto, nato a Budapest 3 settimane fa: una delle cose da fare al mio ritorno sarà sicuramente andare a conoscere questo nuovo splendido uomo!20140531-222026-80426072.jpg

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Tappe 13 e 14: l’Argentière-la-Béssée – Guillestre – Embrun

Dopo un giorno di silenzio, occorre fare un passo indietro: la sera che abbiamo dormito a l’Argentière, la padrona del gîte (un soggetto!) ci aveva fatto presente che ieri sarebbe stata la Festa dell’Ascensione e che tutti i gîtes sarebbero probabilmente stati completi fino a lunedì… Questo, naturalmente, non ci ha rallegrati e così, da subito, ci siamo attivati per gli alloggi delle tappe seguenti. Grazie all’impiegata dell’ufficio del turismo di l’Argentière, abbiamo un po’ costretto il parroco di Guillestre a ospitarci in una sala parrocchiale. Quindi, ieri abbiamo percorso 22 stupendi chilometri lungo la Valle della Durance, fino a Mont Dauphin, dove Roberto è stato azzannato gentilmente a un calcagno mentre cercava una meridiana e poi abbiamo pranzato cercando di non far volare via anche la brocca d’acqua, dato il vento che c’era. Dopo siamo andati a Guillestre, per recuperare Stefano e raggiungere il buon parroco. Anche la cena è stata un po’ difficile: dopo aver provato a cenare in 4 ristoranti, abbiamo dovuto ripiegare su uno snack-bar, l’unico disposto ad accoglierci. Alle 20:30 è arrivato il parroco e ci ha consegnato la nostra magione: una sala da catechismo con i tavoli in formica e un bagnetto con cucinino. Per una volta, niente doccia e a nanna, a smaltire la stanchezza su un tavolaccio, come probabilmente facevano molti pellegrini nel Medioevo.
Questa mattina ero più stanca di prima, con l’anca sinistra completamente rigida, ma un thé caldo mi ha fatto ripartire. Stefano si è attardato a fare qualche foto e io sono andata avanti con Roberto, con due obiettivi chiari in mente: 1. Risolvere il problema pernottamento per oggi e 2. Acquistare del cibo. Inutile dire che abbiamo fallito entrambe le missioni: le gîtes non rispondevano e l’unico negozio di alimentari, incontrato dopo venti chilometri, era chiuso. Comunque la tappa ci ha premiati con la fontana pietrificante, curiosità geologiche e panorami mozzafiato. Considerato che ora vi scrivo da Embrun, da un letto matrimoniale in una stanza quintupla d’hotel che pagheremo per tripla…in fondo non abbiamo nulla da lamentarci!20140530-173608-63368546.jpg

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Les Vigneaux: l’affresco dei Vizi e delle Virtù

Narra la leggenda che monsieur Carle, un importante cittadino di Les Vigneaux, presidente del parlamento provinciale di Grenoble, voleva lasciare traccia indelebile di sé nella memoria dei suoi concittadini. Decise allora di commissionare a un giovane pittore italiano un affresco per decorare la facciata meridionale della chiesa di Saint-Laurant: poiché egli era fermamente convinto della fedeltà della moglie Louise e della propria irreprensibilità, scelse un ciclo dei vizi e delle virtù e affidò alla moglie l’incarico di sorvegliare i lavori. La bella Louise non si rivelò propriamente insensibile alla bellezza del giovane italiano e lo sedusse nel giro di pochi giorni. Non contenta, una sera in cui il marito era a Grenoble, partecipò in sua vece a una festa presso la casa del signore di Rame. Manco a dirlo, in assenza del marito e dell’amante, ci pensò proprio il signore di Rame a consolare la bella Louise.
Non contenta, il giorno dopo Louise si recò a sorvegliare l’operato del pittore al braccio del nuovo amante, scatenando nel cuore del giovane italiano il desiderio di vendetta. Fu così, che l’affresco fu completato con i ritratti di Louise, in veste della Lussuria, monsieur Carle, a impersonare l’Ira, e monsieur de Rame, con le sembianze dell’Orgoglio.
Al suo ritorno, il marito tradito vide l’affresco e capì l’accaduto. A sua volta, egli meditò vendetta. Dopo aver pagato il pittore e averlo congedato, mise a digiuno la mula della moglie per diversi giorni, poi invitò Louise ad accompagnarlo a una visita in un villaggio non distante. Appena la mula, assetata, si avvicinò a un torrente, Louise perse il controllo dell’animale, che la trascinò in acqua annegandola. Fu così consumata la vendetta del marito, che se la cavò facendo dire una Messa per la moglie defunta, presso la chiesa di Saint-Laurant.20140528-181934-65974279.jpg

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Tappa 12: Briançon – L’Argentière-la-Béssée

Oggi sarò breve e vi lascio con qualche foto. La tappa è stata davvero bella, abbastanza breve da darci il tempo di riposare al nostro arrivare. Abbiamo camminato tutto il giorno lungo la Vallée de la Durance, un fiume veramente maestoso, che ci accompagnerà per diversi giorni. Il paesaggio è stato tutto il giorno molto bello, il Cammino tranquillo e ben segnalato… Ora ci aspetta la missione di trovare un alloggio per domani! Se riesco, torno più tardi con la leggenda della danza macabra di Les Vigneaux.20140528-144215-52935930.jpg

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Tappa 11: Oulx – Briançon

Oggi sono molto felice di essere qua a scrivere: la tappa che ho affrontato era la più dura e quella che forse più temevo! E invece è andata bene e mi è piaciuta davvero molto!
La mattina è iniziata con un po’ di timore per il meteo, che poi è stato clemente e ci ha regalato una bella giornata solo un po’ ventosa, ma Stefano ed io abbiamo lasciato Oulx e Giancarlo (che prosegue verso Vercelli): dovevamo affrontare la salita al passo del Monginevro. Siamo partiti di buon passo, costeggiando un po’ la SS24 e lasciandola per raggiungere dei grumi di case sparse a mezza costa. Non ascoltando il consiglio di Gianfranco – siamo un po’ testoni, ma il cimento fisico ci piace – abbiamo anche affrontato le Gorges di San Gervasio, un sentiero che corre parallelo alla statale, in una gola rocciosa che ospita un torrente spumeggiante. Arrivati in fondo al sentiero, avevamo superato i quasi 800 metri di dislivello che separano Oulx dal passo del Monginevro…e ci siamo quasi divertiti!
Dopo questa sudata, abbiamo passato la frontiera a Clavière e raggiunto il paese francese di Montgénèvre, e lì mi sono resa davvero conto che il primo pezzo di questo lungo viaggio era alle spalle e mi sono commossa un po’…poi, ci siamo premiati con un pranzo rinfrancante. Una volta ripartiti, una voce ci chiama a voltarci: ecco Roberto, che ci raggiunge per camminare con noi fino ad Arles o forse più in là…
La discesa verso Briançon è durata un paio d’ore e, dopo aver attraversato la cittadella, eccoci approdati a casa di un gentilissimo prete-medico che offre accoglienza ai pellegrini, con tanto di cena comunitaria… Meglio di così non poteva andare!
Ora siamo pronti per affrontare, da domani, l’avventura lungo la Via Domitia!20140527-185516-68116759.jpg

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Tappa 10: Susa – Oulx

Questa mattina ho aperto gli occhi e sembrava pomeriggio: nuvole pesanti e una pioggerellina sottile mi hanno ricordato che siamo in montagna e che il caldo delle risaie è alle mie spalle! Nonostante la voglia di girarmi e continuare a dormire, mi sono alzata e preparata: bisogna sempre andare avanti! Ci ha pensato suor Bibiana a rallegrarmi con una colazione buona per tre persone celiache! Ha anche trovato un sacerdote ultra novantenne che mi ha benedetta: la mia prima benedizione da pellegrina!
Dopo colazione, sono uscita: la pioggia non era niente di che e nel giro di un’ora e mezza era praticamente finita.
La tappa di oggi è stata molto bella, anche se lunga, dura e adatta più agli escursionisti che al pellegrino con lo zainone: bisogna prestare molta attenzione ai tratti nel bosco, dove il sentiero si fa stretto e sdrucciolevole, soprattutto con questo tempo! Comunque ho attraversato i boschi silenziosi della Val di Susa, turbati solo dai cantieri TAV e dall’autostrada. Ho visto cascate e laghi, attraversato paesini mezzo abbandonati ma ricchi di fascino perché testimonianza di un tempo in cui la montagna era abitata. Sono passata sotto al Forte di Exilles, dove dicono sia stato imprigionato “la maschera di ferro” e dove oggi la fanno da padrone i cartelli “C’era una volta a Exilles”… C’erano tante attività in questa cittadina che pochi decenni fa contava più di 3000 anime, ma ora conta più che altro imposte chiuse. Eppure qui ho incontrato le prime tre persone che mi hanno chiesto se andassi a Compostela… E così mi è venuta voglia di cantare l’inno dei pellegrini che mi era stato insegnato a Granon. Forse grazie alla mia voce magica, ho potuto avvistare la fuga di due camosci e un sacco di scoiattoli, lungo il Sentiero dei Franchi che attraversa il Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand.
Ora sono dai Salesiani di Oulx, insieme ad altri due pellegrini: Giancarlo che va verso Roma, e Stefano, che da domani camminerà con me verso Compostela!20140526-181909-65949964.jpg

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Note a margine del mio Cammino in Italia

Questi primi 10 giorni di Cammino, che ho fatto in Italia, sono stati, da un lato, bellissimi e, dall’altro, difficili. Bellissimi per i tanti amici conosciuti e reincontrati dopo tanto tempo, per il tempo condiviso con loro, per l’amore ricevuto e donato. È stato meraviglioso vedere come questa esperienza “strana” che sto vivendo abbia suscitato e continui a suscitare l’entusiasmo e la curiosità di molti: il loro sostegno mi ha ripagata della solitudine e della fatica. Senza contare che ho anche imparato delle cose nuove: ad esempio, lo sapevate che gli escursionisti piemontesi devono ringraziare tanti volontari che vanno a fare ranze runze? Ossia vanno a pulire e sistemare la segnaletica dei sentieri… Carlo mi ha insegnato questo termine stupendo! E anche Accob fa ranze runze sulla Francigena, anche se armato di bicicletta e segnalini da piazzare…già, perché le vie non si segnano mica da sé!
D’altro canto, però, questi primi giorni di Cammino, che sono circa il 10% del totale, mi hanno anche messa alla prova. Sicuramente è un’esperienza diversa dal Cammino Francese, dove la parola chiave è compartir. A parte le persone cui ho accennato e la mia famiglia, in effetti non si può dire che ci sia molta gente con cui condividere molto. A pochi chilometri da Susa, un ragazzo a cui abbiamo chiesto informazioni ci ha detto candidamente: “Non credevo che qualcuno facesse davvero la Via Franchigena”. E infatti in 6 giorni di Francigena non ho mai pernottato con altri pellegrini (se non Alessandro) e ne ho incontrati solo 5 lungo la via. Eppure, contrariamente a quanto molti credono, la Francigena (almeno nel tratto che ho percorso) non è un Cammino caro: su 6 tappe solo una volta ho dovuto dormire in un B&B, pagando comunque solo 20€ per un monolocale a mia disposizione. Tutte le altre sere l’ospitalità era garantita ai pellegrini in cambio di un’offerta libera. È però vero che il pellegrino viene guardato con curiosità o, forse, in aderenza all’etimologia del termine: come un tizio “strano” che va per campi che non sono i suoi. In quanto a educazione, sensibilizzazione, diffusione e promozione la strada da fare è ancora lunga, ma il patrimonio che abbiamo a disposizione è ricchissimo e la via è percorsa soprattutto da stranieri che se ne rendono conto meglio di noi!
Un’altra cosa che mi è molto chiara dopo questi primi dieci giorni è che per me invecchiare significa conoscere la fatica del distacco, sia dalle persone care, per le quali poi mi preoccupo inevitabilmente, sia da mio marito, che mi manca come se mi mancasse un braccio… Insomma, i 30 anni mi hanno regalato la consapevolezza che non posso più camminare con lo zaino. vuoto di pensieri verso casa, come nel 2008…

Tappa 9: Sant’Ambrogio di Torino – Sacra di San Michele – Susa

Oggi ci sono stati due fattori che hanno reso pesante la tappa. Il primo era la necessità di arrivare a Susa in tempo affinché Alessandro non perdesse il treno per Torino (alle 16:10). Il secondo era la presenza, fin dal mattino di un fronte di nuvole gonfie e scure sulle montagne a nord. Naturalmente, poi, a noi non piace avere una vita semplice e così ci siamo detti che, non essendo riusciti a salire alla Sacra ieri sera, dovevamo farlo oggi! Quindi abbiamo aggiunto circa 4km con pendenza media del 18% a una tappa di 29km! Eppure ce l’abbiamo fatta: 33km in 7 ore e qualcosa, con la salita e la discesa alla Sacra come aperitivo… Nella peggiore tradizione dei velocisti del Cammino, ma tant’è!
Io ho camminato tutto il giorno con il cuore combattuto: per raggiungermi qua e là, Alessandro si sobbarca già un carico sufficiente di fatica e, se avesse perso il treno delle 4 sarebbe arrivato a casa a mezzanotte passata con la prospettiva di partire all’alba con valigia da fare e tutto il resto! Ma, d’altro canto, non volevo lasciarlo partire: ora passerà probabilmente qualche settimana prima che potremo rivederci. Con l’età mi sto rammollendo, lo so, ma già mi manca terribilmente!
Vabeh… A parte questo, che forse vi interessa anche poco, la tappa è molto bella, e si snoda fra il lato destro e sinistro della valle. La Sacra di San Michele è uno splendore (noi dovremo tornarci: al nostro passaggio era ancora chiusa!) e vale la fatica spesa per raggiungerla! Per il resto, purtroppo oggi tutto era reso più cupo dalle nuvole incombenti, che ancora minacciano pioggia, e dal mio umore…
Ora scrivo dalla poltroncina in dotazione alla cameretta singola che mi hanno riservato le suore di San Giuseppe qui a Susa: per questo e per le attenzioni affettuose, va un sincero grazie a suor Bibiana, che accoglie i pellegrini! Domani sera arriva Stefano e confido che riuscirà a riportarmi il sorriso! 20140525-174210-63730486.jpg

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Tappe 7 e 8: Torrazza Piemonte – Torino – Sant’Ambrogio Torinese

Ieri non sono proprio riuscita a scrivere nulla: ero veramente disfatta e ho preferito godere di un po’ di riposo e della compagnia degli amici che mi hanno ospitata a Torino… Spero mi scuserete!
Comunque ieri mattina sono partita con gli auguri un po’ scettici di don Patrice di non trovare pioggia lungo la via per Torino e, invece, mi è stata donata una giornata splendida: soleggiata e calda! Camminando in mezzo a campi bagnati di rugiada e della pioggia della sera precedente, mi sono bevuta senza accorgermene, il pezzo di strada che collega Torrazza a Chivasso. Davanti al Duomo mi sono liberata dello zaino e ho aspettato Valeria, un’amica pellegrina che si è offerta di aiutare un amico in difficoltà. Dopo un cappuccino insieme siamo ripartite insieme per condividere un pezzo di strada e ci siamo salutate dopo aver incontrato una passeggiatrice più “professionista”. Dopo nemmeno 2km ho incontrato Carlo, un altro pellegrino, che mi è venuto incontro da San Mauro Torinese. Insieme abbiamo percorso, fra una chiacchiera e l’altra, il Cammino lungo il Po e poi da Gassino a San Mauro. Arrivati ancora una volta al Po, la strada per raggiungere la casa di Barbara, Marco e Margot, i nostri hospitaleri, era ancora lunga almeno 10km. Con altri 30 alle spalle, nonostante la mia scarsa propensione a prendere mezzi pubblici, mi è sembrato insensato percorrere 40km concludendo la tappa attraverso Torino…e così Carlo mi ha accompagnata in un tour sull’autobus 61 fino a Porta Nuova e poi sulla metropolitana senza autista fino a trovare Barbara, una mia collega, che portava a spasso Margot!
Per cena, è arrivato anche Alessandro, mio marito, e siamo andati tutti insieme cena in una trattoria piemontese con la Manu, un’altra fantastica archeologa, suo marito Michele e la dolcissima Sofia dalla folta chioma.
Stamane ci siamo riportati sulla Francigena lungo Corso Francia e siamo usciti da Torino per raggiungere Rivoli, Rosta e la chiesa di Sant’Antonio di Ranverso: un gioiello ben nascosto alle pendici delle prime colline che immettono in Val di Susa. Gli affreschi di fine XV secolo ci hanno lasciati a bocca aperta e ci hanno dato la spinta per procedere fino ad Avigliana, dove abbiamo sostato per uno spuntino. Il kiwi e la banana devo averci offuscato il giudizio, visto che poi abbiamo prontamente perso le frecce e, per ritrovarle, abbiamo attraversato tutto il centro storico. Essendo un po’ in anticipo per l’arrivo a Sant’Ambrogio, ci siamo anche concesso un pranzo veloce al bar Tritolo, presso il museo del dinamitificio di Avigliana. Gli ultimi 3km li abbiamo fatti in compagnia della Sacra di San Michele, che dominava dall’alto il paesaggio…ora attendiamo don Romeo per prendere alloggio e andare, senza gli zaini, a visitare San Michele sul suo nido d’aquila!

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Tappa 6: Castell’apertole – Torrazza Piemonte. Tanto sei giovane!

Anche oggi la mia tappa si è conclusa, con mia grande sorpresa, all’ora di pranzo. Ora sto scrivendo nel paradossale, ma comodo e accogliente, scenario del locale attrezzato da don Patrizio per i pellegrini, in mezzo ai tipici armadi in formica e specchi delle sacrestie, letti e brande pieghevoli, cesti di catene di carta reduci o pronti per la festa del paese, quadri da mettere all’asta, eccetera… Don Patrizio, parroco Rwandese, accoglie qui i pellegrini che vanno a Roma e a Santiago da 15 anni e mette a loro disposizione parte della sua casa con un bagno completo di grande doccia ad angolo! D’altronde, l’hanno mandato in una parrocchia dedicata a San Giacomo il Maggiore…che altro potrebbe fare?
La tappa di oggi, oltre a essere inaspettatamente breve, è stata defaticante dall’esperienza di ieri lungo la trafficatissima provinciale per Crescentino: ho camminato prevalentemente su sterrati, costeggiando e scavalcando canali artificiali (fra cui il Canale Cavour, che per portata sembra quasi un fiume) e attraversando una campagna coltivata a riso, grano e mais…così ricca da ricordarmi i campi del vecchio Maggot nella Contea di Tolkien! Ma giuro che non ho rubato nessuna carota!
Da Castell’apertole ho raggiunto, in poco meno di un paio d’ore, Lamporo: un simpatico paesino cresciuto lungo un canale, con tre chiese, di cui una appoggiata al canale (S. Rocco), una che ci sta a cavallo e una che lo guarda. Proseguendo poi attraverso i campi e seguendo la segnaletica accuratissima e affettuosa, dotata di frasi, benedizioni e poesie, mi sono trovata a Saluggia, circa alle 11:30. Per quel che ne sapevo la tappa era ancora lunga e in paese c’era il mercato. Quindi mi sono procurata qualcosa da mangiare e da bere e mi sono accampata sulle panchine in piazza, insieme agli anziani del paese.
“È una pellegrina?” “Sì” “Da dove arriva?” “Da Castell’apertole” “E dove va?” “Per oggi a Torrazza Piemonte” ” E allora le manca poco: massimo 5km” “Davvero?! Pensavo ne mancasse ancora il doppio!” “No no… E poi tanto è giovane!” … Sarò anche giovane, ma la strada da fare è la stessa… Dopo aver finito di mangiare, mi rimetto in cerca dei segnali della Via Francigena che, naturalmente, non passa dal centro di Saluggia, condannando teoricamente il pellegrino a evitare panchine, fontanelle e negozi in cui comprare qualcosa da mangiare. Non trovo i segnali. Mi aggiro per un po’, finché dei signori mi dicono che per andare a Torrazza c’è solo la provinciale: “C’era anche la discesa dei sassi, ma dopo è interrotta…vabeh che tu sei giovane…” Trovo finalmente due signore anziane: una delle due dice che a volte quelli con gli zaini passano sotto casa sua. La sua amica mi dà le indicazioni e trovo frecce e pellegrinetti: mi rimetto in marcia! Ecco la discesa dei sassi: è una discesa pavimentata in ciottoli colorati, poi la via svolta, seguendo la ferrovia…e sbucando in un roveto. Chi dovesse affrontare questo pezzo è avvisato: evidentemente non passano da un po’ a tagliare l’erba e così i rovi si stanno riprendendo il terreno…quindi, si consigliano i pantaloni lunghi o, in alternativa, la strada provinciale, visto che si tratta al massimo di 1km e che comunque dovrete seguirla anche per il chilometro successivo! Dopodiché, in meno di mezz’ora: Torrazza Piemonte…e anche oggi sono arrivata presto: meglio, le gambe si riposano in vista della Val di Susa! Vabeh che sono giovane!20140522-163015-59415366.jpg

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