Chi è un pellegrino?

Chi è un pellegrino? Che cos’è lo spirito pellegrino per chi oggi percorre i Cammini del mondo?

Credo che una delle prime definizioni di pellegrino l’abbia data Dante, nella Vita Nova, dicendo che pellegrino è colui che viaggia in terra straniera o, in senso stretto, colui che si reca alla tomba di San Giacomo a Compostela. Quindi nel Medioevo erano molto open-minded. In realtà, il concetto di pellegrino, anche se non definito proprio con questo termine, viene da molto più lontano e definisce un aspetto dell’umanità che non si è mai spento.
Come noto (anche se qualcuno ancora sostiene il contrario), l’uomo nasce in Africa e poi inizia a viaggiare e nel giro di un battito di ciglia per la storia del mondo si diffonde in gran parte delle terre emerse. Quell’anelito a spostarsi, a viaggiare, la curiosità di conoscere nuovi orizzonti, a conoscere se stessi incontrando gli altri…questo è un istinto primordiale irrefrenabile che è rimasto indomito anche nel cuore dei popoli più sedentari, senza distinzione.

A partire dal Medioevo, il termine pellegrino entra in auge e assume una connotazione religiosa, definendo, come ricorda Dante, colui che pellegrina ad limine Sancti Jacobi. Ma chi percorreva le vie che portavano a Santiago? Così come i romei e i gerosolimitani, i pellegrini a Santiago erano una massa eterogenea di persone: uomini, donne, a volte anche bambini, anziani, credenti e peccatori, devoti e malati, persone in cerca di avventure o in cerca di guarigione. Addirittura, a Santiago venivano spediti dai tribunali e dai confessori coloro che avevano commesso i peggiori peccati, in cerca di espiazione, per iniziare una nuova vita, rinnovati. Chi partiva, a quei tempi, vendeva i propri averi, saldava i debiti, faceva testamento e si sottometteva alla tutela della Chiesa e alla Provvidenza.
Oggi invece tanti fanno distinzioni fra pellegrino e pellegrino…fra credenti e non credenti, fra fricchettoni e tombeurs de femmes, fra roncadores e chi si vuole alzare alle prime luci dell’alba. Fra puristi, penitenti, camminatori professionisti, …insomma se ne vedono di tutti i colori, ma la verità, secondo me, è che ognuno fa il suo Cammino, nel bene e nel male, con le sue motivazioni che nessun altro può giudicare.
Per quello che è stata la mia esperienza, sul Cammino non ho mai chiesto a nessuno perché fosse lì, se fosse cattolico o no, se credesse in Dio o no. Per me, il pellegrino è un uomo o una donna che cerca qualcosa, forse se stesso, e per trovarsi si mette in Cammino e si mette in gioco. Per me, già questo lo rende degno del mio rispetto. Per me, il pellegrino accetta quello che gli manda la strada e la giornata: vesciche, caldo, pioggia, sete, qualunque cosa. E non si lamenta più del dovuto perché è lì per scelta. Il pellegrino è quello che deve sempre salire, che chiede ospitalità e, anche se viene trattato con poca cortesia, ringrazia. Ma se viene trattato con calore ti sarà grato per la vita. Il pellegrino è un uomo o una donna che sorride anche se zoppica, anche se dentro di sè impreca contro il destino e forse anche contro Dio, ma che ringrazia comunque quando trova un letto su cui accasciarsi. Io credo che Dio sia in ognuno di noi ma che ci lasci liberi di trovarlo e di incontrarlo, e credo anche che sul Cammino non si è mai soli…in nessun senso. E che il pellegrino sia colui che riconosce questa realtà nel suo cuore ogni giorno, perché il Cammino è ogni giorno, anche dopo Santiago.
Credo anche che il pellegrino si porti quel che gli occorre nello zaino e che, quello zaino, se lo porti sulle spalle; che cerchi di lasciare l’albergue pulito così come sperava di trovarlo lui, che non semini cartacce e pattume lungo il Cammino, che tratti con rispetto cose e persone che incontra sulla sua strada. A prescindere da chi sono, da dove vengono e dal perché sono lì.

Tutto il resto sono travi che abbiamo negli occhi quando cerchiamo la pagliuzza in quelli altrui.

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