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Tappa 15: Embrun – Savines-le-Lac. Doveva essere una tappa facile… E invece…!

Questa mattina ci siamo svegliati freschi e riposati dopo la notte trascorsa all’Hotel Le Tourisme di Embrun, abbiamo fatto colazione al bar, fotografato le prime conche di bronzo che segnalano il Cammino è salutato gli scarponi di Stefano. Eravamo di buon umore, pronti ad affrontare una bella giornata e una tappa sostanzialmente breve, che ci avrebbe condotti all’Abbazia di Boscodon. All’uscita dalla città ci siamo separati: Stefano voleva fermarsi a vedere la cattedrale di Embrun, che Roberto e io già avevamo visto ieri sera. Così noi ci siamo incamminati giù per la rocca e poi su per i boschi che circondano Boscodon. Raccomandiamo a tutti di seguire pedissequamente la segnaletica bianca e rossa, per non ripetere la nostra esperienza. A un certo punto della salita, ci siamo resi conto che il GR stava sostanzialmente tagliando le curve di una strada asfaltata, impostando una salita piuttosto ripida in mezzo al sottobosco fradicio per la pioggia di questa notte. Pensando di seguire un percorso più agevole, allora, ci siamo incamminati sull’asfalto, controllando di tanto in tanto la direzione sul GPS. A un certo punto dobbiamo aver controllato male: secondo il GPS eravamo passati su un versante diverso da quello dell’abbazia, che ora si trovava nella valle accanto alla nostra. Poco male: la tappa era breve, allungarla di un paio di chilometri non ci avrebbe uccisi. Abbiamo chiesto al navigatore di portarci all’Abbazia e subito ha individuato un percorso fattibile e ben tracciato. Sulla carta era ben tracciato. Sul terreno, dopo 200 metri, anziché seguire una stradina, ci siamo trovati ad arrancare nell’erba alta, fradicia e poi nella boscaglia, scavalcando torrenti e recinzioni. Dopo un quarto d’ora di sforzi, riusciamo a sbucare in prossimità di alcune case, dove corre una bella strada sterrata: quella segnata su Maps. La imbocchiamo secondo le indicazioni del navigatore e va tutto bene. Per 5 minuti. Poi ci troviamo davanti a un cancello chiuso, al di là del quale non si vede alcuna strada. Nella fattoria vicina troviamo una signora che ci spiega che avremmo dovuto aprire il cancello, seguire la strada, seguire il torrente, arrivare al ponte, prendere a sinistra… Et voilà l’Abbaye!. Le facciamo notare che la strada era sbarrata e non segnata a terra: lei ci dice che dovrebbero – gli dèi delle strade – rinfrescare la segnaletica. Richiude il cancello alle nostre spalle e se ne va.
E qui inizia il calvario. Come avevamo intuito, la strada non esisteva più: era stata invasa da erba e bosco fitto e ormai era impossibile distinguere e seguirne il tracciato. Seguendo piste appartenenti probabilmente a dei cinghiali, abbiamo iniziato a scendere verso il famoso torrente e, dopo una mezz’ora di arrancamenti e scivoloni nel sottobosco fradicio e fitto, abbiamo guadato un corso d’acqua: ormai intravedevamo l’abbazia in alto, davanti a noi…la direzione era buona. Iniziamo a risalire il pendio verso gli edifici e, quando arriviamo in cima, Roberto mi dice di fermarmi: al di là c’è un dirupo verticale che scende al letto di un altro torrente, al quale si unisce quello che avevamo appena attraversato, per poi gettarsi in una cascata alta una quindicina di metri. Dovevamo per forza aggirare il dirupo ai nostri piedi, tornando ad attraversare il primo torrente e raggiungere le sponde del secondo. Dopo un’altra serie di arrancamenti e scivoloni, arriviamo sulla sponda. Le possibilità sono due: guadare gettando delle pietre in acqua o passare direttamente sulla gola, attaccandoci al traliccio che sorreggeva un grosso tubo. Francamente, l’idea del traliccio mi dava i brividi, ma la corrente, troppo forte per rischiare il guado, e l’entusiasmo di Roberto per il nostro ponte improvvisato mi hanno convinta. E così, passo dopo passo, siamo arrivati come due reduci dal Vietnam ai piedi dell’abbazia di Boscodon, luogo di meditazione e preghiera. In puro stile romanico, priva di ogni orpello, ci ha accolti in un silenzio confortante. Dopo aver ringraziato la Madonna con il Bambino che ci hanno condotti fino a lì, ci siamo concessi un pranzo leggero durante il quale effettuare il cambio calze (ormai fradicie e interrate). Abbiamo quindi ripreso il Cammino, sperando che Stefano avesse incontrato meno difficoltà di noi per raggiungere Boscodon.
Dopo un paio d’ore trascorse camminando nella boscaglia, ecco sbucare il lago di Savines-le-Lac. Savines è un paese di recente costruzione, che ha raccolto la popolazione di alcuni villaggi sommersi alla costruzione del lago di Serre-Ponçon. Si tratta di un centro votato al turismo, ma decisamente non all’accoglienza dei pellegrini: anche l’ostello della gioventù ha chiuso i battenti e i pellegrini devono rivolgersi ai normali hotel, con prezzi invariati (ossia una mazzata!). Non certo grazie all’aiuto del Centro del Turismo, siamo riusciti a trovare una stanza all’hotel Les Sources e ora abbiamo trascorso una rilassante serata di chiacchiere… Prima di dormire, solo un pensiero per Eva e per il suo piccolo Alberto, nato a Budapest 3 settimane fa: una delle cose da fare al mio ritorno sarà sicuramente andare a conoscere questo nuovo splendido uomo!20140531-222026-80426072.jpg

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Tappe 13 e 14: l’Argentière-la-Béssée – Guillestre – Embrun

Dopo un giorno di silenzio, occorre fare un passo indietro: la sera che abbiamo dormito a l’Argentière, la padrona del gîte (un soggetto!) ci aveva fatto presente che ieri sarebbe stata la Festa dell’Ascensione e che tutti i gîtes sarebbero probabilmente stati completi fino a lunedì… Questo, naturalmente, non ci ha rallegrati e così, da subito, ci siamo attivati per gli alloggi delle tappe seguenti. Grazie all’impiegata dell’ufficio del turismo di l’Argentière, abbiamo un po’ costretto il parroco di Guillestre a ospitarci in una sala parrocchiale. Quindi, ieri abbiamo percorso 22 stupendi chilometri lungo la Valle della Durance, fino a Mont Dauphin, dove Roberto è stato azzannato gentilmente a un calcagno mentre cercava una meridiana e poi abbiamo pranzato cercando di non far volare via anche la brocca d’acqua, dato il vento che c’era. Dopo siamo andati a Guillestre, per recuperare Stefano e raggiungere il buon parroco. Anche la cena è stata un po’ difficile: dopo aver provato a cenare in 4 ristoranti, abbiamo dovuto ripiegare su uno snack-bar, l’unico disposto ad accoglierci. Alle 20:30 è arrivato il parroco e ci ha consegnato la nostra magione: una sala da catechismo con i tavoli in formica e un bagnetto con cucinino. Per una volta, niente doccia e a nanna, a smaltire la stanchezza su un tavolaccio, come probabilmente facevano molti pellegrini nel Medioevo.
Questa mattina ero più stanca di prima, con l’anca sinistra completamente rigida, ma un thé caldo mi ha fatto ripartire. Stefano si è attardato a fare qualche foto e io sono andata avanti con Roberto, con due obiettivi chiari in mente: 1. Risolvere il problema pernottamento per oggi e 2. Acquistare del cibo. Inutile dire che abbiamo fallito entrambe le missioni: le gîtes non rispondevano e l’unico negozio di alimentari, incontrato dopo venti chilometri, era chiuso. Comunque la tappa ci ha premiati con la fontana pietrificante, curiosità geologiche e panorami mozzafiato. Considerato che ora vi scrivo da Embrun, da un letto matrimoniale in una stanza quintupla d’hotel che pagheremo per tripla…in fondo non abbiamo nulla da lamentarci!20140530-173608-63368546.jpg

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