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Tappa 3: Ferrera Erbognone – Nicorvo

La serata di ieri sera è stata coronata dalla splendida e generosa ospitalità di Katia, Raffaele, Federica e Nicole: una famiglia di futuri pellegrini che mi ha accolta come una figlia. A loro va questo il mio pensiero e il mio affetto e soprattutto il mio sincero di buon Cammino per il prossimo anno!
Dopo aver lasciato Ferrera, attraverso risaie e campi di mais, finalmente mi sono incontrata con Alessandro, arrivato in treno a Mortara, per trascorrere insieme il week-end. Abbiamo tirato un po’ il fiato all’Abbazia di Sant’Albino e poi abbiamo ricevuto un graditissimo invito a pranzo da parte di Claudia e suo marito Franco, coi quali abbiamo anche proseguito per alcuni chilometri, finalmente lungo la Via Francigena! Purtroppo, ben presto non abbiamo più trovato i segnavia e così abbiamo aggiunto a una tappa, già sostanziosa, un altro paio di chilometri! Ora siamo a Nicorvo e concluderemo la serata al pub Sherwood, con spirito!

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Mortara: di qui passò Carlo Magno

Uno dei primi luoghi che toccherò lungo il mio Cammino sarà Mortara, un paese in provincia di Pavia, lungo la Via Francigena. La storia di Mortara affonda nei secoli, tanto che l’esistenza del paese è testimoniata già nel IV secolo d.C., quando Gaudenzio, vescovo di Novara, volle, al suo ingresso, la costruzione di due cappelle dedicate, l’una, a San Pietro e, l’altra, a Sant’Eusebio. La seconda assunse la funzione di parrocchia per il centro abitato.  Entrambe le cappelle vennero poste a circa un chilometro e mezzo da Mortara e, grazie all’ospitale annesso alla chiesa di Sant’Eusebio, divennero una tappa importante per coloro che si dirigevano a Roma, provenendo dall’Europa settentrionale e occidentale. Di qui transitarono molti personaggi importanti: nel 440 il futuro Papa Leone, nel 494 Sant’Epifanio, nel 574 Papa Stefano II, nel 575 Papa Paolo I e, nella primavera del 773, passò di qui anche l’ambasciata franca di ritorno dall’incontro con Papa Adriano I.

La chiesa di Sant’Albino a Mortara

Non molto tempo dopo il passaggio di questa comitiva, la chiesa di Sant’Eusebio entrò definitivamente nella Storia: il 12 ottobre del 773, infatti, proprio nei pressi delle due cappelle di San Pietro e di Sant’Eusebio ebbe luogo la battaglia finale tra i Franchi di Carlo Magno e i Longobardi, guidati da re Desiderio.  Lo scontro fu estremamente cruento ed entrambe le parti subirono gravi perdite, ma a trionfare furono i Franchi. Nonostante la vittoria, però, nei combattimenti persero la vita due dei Paladini di re Carlo: Amelio d’Alvernia, coppiere del re, e Amico Beyre, tesoriere reale.

Carlo Magno ordinò che essi fossero tumulati con tutti gli onori, ognuno sotto l’altare di una delle due cappelle: Amico in San Pietro e Amelio in Sant’Eusebio. Il giorno successivo, però le spoglie di Amico e di Amelio furono rinvenute entrambe sotto l’altare della cappella di Sant’Eusebio, l’uno accanto all’altro. E così, la chiesa di Sant’Eusebio entrò nella leggenda.

Carlo Magno e i suoi paladini: miniatura su pergamenta (XV secolo), Biblioteca Nazionale, Torino.
Carlo Magno e i suoi paladini: miniatura su pergamena (XV secolo), Biblioteca Nazionale, Torino.

Dopo questi fatti miracolosi, padre Albino, monaco e consigliere di Carlo Magno, volle fondare un monastero, aggregato alla chiesa di Sant’Eusebio, a cui il re concesse ricche donazioni. La foresteria di Sant’Eusebio venne così riadattata a ospitare i monaci e qui si insediarono alcuni allievi di Albino, che presero i voti quando questi divenne vescovo di Vercelli. Alla sua morte, nell’801, egli chiese di essere sepolto accanto ai due paladini. I monaci, tutti di origine franca, dedicarono il loro monastero a Sant’Albino d’Angers e adottarono la regola di Sant’Agostino, pur godendo di ampia autonomia e rimanendo una tappa importante per i pellegrini di passaggio.

Gli affreschi cinquecenteschi che decorano l’abside della chiesa di Sant’Albino a Mortara; da sinistra verso destra: Sant’Albino, il Battesimo di Gesù, la Madonna in trono con il Bambino, circondata dai Santi, fra i quali spicca San Giacomo, ultima figura a destra.

Nella primavera del 1999, durante i lavori per il restauro della chiesa di Sant’Albino, vennero alla luce, proprio sotto l’altare maggiore, due sarcofagi. Uno dei due sarcofagi, oltre a essere coerente con la datazione all’epoca carolingia, conserva i resti di un uomo di grandissimo prestigio, tumulato a gambe incrociate, secondo un’usanza adottata per gli ecclesiastici di alto rango e, in seguito, per i cavalieri templari. Ancora oggi le pareti dell’abside romanica di Sant’Albino recano le incisioni lasciate dai tanti pellegrini che qui hanno trovato rifugio.