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Ripercorrere e ricordare

In questi giorni sto mettendo mano alle tracce gps fatte durante il mio Cammino. Quando mi sono offerta di sistemarle per una pellegrina, l’ho immaginato come un compito che mi avrebbe fatto piacere. In realtà è molto più di questo.
Chi mi conosce sa che lavoro tutti i giorni su carte, tracce, mappe, foto satellitari e amenità cartografiche varie, e questo mi mette spesso nella condizione di immaginare con gli occhi della mente il terreno che vedo disegnato sullo schermo del pc o su una carta “di carta”. Questo mi aiuta molto quando cammino: capire che una serie di linee sono una duna ai piedi della quale si snoda il sentiero che devo seguire è fondamentale, se non voglio finire spiaccicata su una provinciale. Seguire, passo passo, puntino dopo puntino, i passi fatti due anni fa è commovente.
Perché non si tratta più di immaginare, ma di rivivere. Rivedere e respirare i campi di grano, maturi sotto al sole, l’acqua dei grandi canali, rettilinei a perdita d’occhio, abbacinanti sotto al sole e tormentati dalla pioggia, sentire sulla lingua l’odore dell’acqua dolce, così diversa da quello dell’acqua di mare. Sentire nelle orecchie lo stridere dei gabbiani che mi avvertivano che stavo per commettere un’imprudenza che mi poteva costare molto più di un bello spavento.
Rivedere le cime imbiancate delle montagne che si avvicinano sempre di più. Il masso su cui abbiamo fatto pausa con Roberto, mangiando del cioccolato, mentre il nostro cane accompagnatore ci aspettava. L’acqua della Durance che salutiamo su un ponte all’alba, dopo averla seguita per tanti giorni e attraversate più volte. Rivedere l’antenna gigante di un ripetitore che ci ha fatto da punto di riferimento per 3 giorni. Sentire il calore del sole battermi sul viso appena prima di attaccare la salita verso Notre Dame du Laus e sentire l’urgenza di chiedere acqua fresca a una casa di privati. Il riflesso del lago di Serreponçon con il sole ancora addormentato che ci si rispecchia dentro. La pausa banana sotto la croce in ferro battuto di un cimitero. La spaventosa idea di attraversare una gola passando sui tubi di una condotta per l’acqua e il bruciore delle ortiche sulle gambe, una volta arrivati di là. Il sapore delle ciliegie, più buone perché colte con le mie mani. L’odore della terra delle risaie, la sabbia grigia dei “sabbioni”. Il calore dell’affetto di chi mi ha accolta in casa sua. La gioia di rivedere i miei genitori, seduti in un bar di Peyruis. La frustrazione della solitudine a Béziers, la grande crisi. La paura del camion che si avvicina e il sollievo del miracolo. Il verso delle gazze che ci urlano contro mentre con Roberto arranchiamo in salita nelle orme strisciate dalle vacche nel fango. E dove saranno le vacche? Mah! Le mutande perse in un bosco e le altre uscendo da un castello… meno male che quelle le ho recuperate, però! L’accoglienza calda e umana di posti di cui non conoscevo l’esistenza: Argeliers, Homps, Marseillette. Il pane senza glutine di Marseillette, così buono! La frescura della casa di Georges e l’affetto della sua famiglia. Le lumachine attaccate agli steli secchi dell’erba davanti a una chiesetta provenzale. Il sapore del formaggino con la mucca che ride spalmato su una galletta di mais e condito con un po’ di polvere magica al peperoncino. Le mie scarpe salutate davanti alla chiesa di St.-Gilles.
Bastano dei puntini su uno schermo per rivivere tutto questo? A volte bastano… Forse perché i luoghi che vedi camminando ti si incidono nell’anima come gli incontri che fai e le piccole cose di cui gioisci. Sarò sempre grata per questo viaggio. Sempre.

1 anno fa…

Un anno fa iniziava tutto, se si può dire così. Un anno fa a quest’ora già stavo pregustando la fine della prima tappa del mio Cammino verso ovest. Un Cammino sognato a lungo, che ho iniziato chiedendomi dove sarei riuscita davvero ad arrivare… domanda alla quale ho trovato risposta solo guardando quello scoglio lanciato nell’Oceano proprio davanti al tramonto di Finisterre. È passato un anno e ancora non riesco a credere di essere arrivata là… ho ancora nel naso l’odore del mare, ma anche l’odore della terra umida di rugiada delle tante mattine in cui mi sono alzata presto e, zaino in spalla, ho iniziato a camminare. A volte, sentendo una canzone o anche solo spingendo il carrello al supermercato, passeggiando per strada, un colore, un odore, mi riportano là, come se una mano mi tirasse per l’ombelico e mi catapultasse da qualche altra parte: in mezzo alle risaie della Lomellina, nei boschi della Val di Susa bagnati di pioggia, sul Canal du Rhone à Sète con il temporale che mi inseguiva, in mezzo alle vigne e ai campi di grano dopo Carcassonne, su un sentiero a fissare i vitelli dei Pirenei che mi fissavano a loro volta, o in un bar spagnolo, a ridere per una gallina che amava la compagnia dei pellegrini… non so mai dove mi porterà. Ma so che sarà bello tornare là per qualche secondo e risentire odori e suoni lontani ma che sono sempre con me.

Dopo un anno lo so, anche più di quanto non mi fossi resa conto le altre volte: il Cammino non finisce a Santiago, sulla piazza di pietra, o sulla scogliera davanti all’Oceano. Il Cammino non finisce mai, cammina dentro di noi e ci spinge a restituire quello che abbiamo ricevuto, a rimetterci in gioco, a voler andare sempre oltre… anche dopo un anno, anche dopo 10. Sempre.video-391

Sorprese sotto l’albero

Negli scorsi giorni sono partiti i miei auguri di Natale per gli amici più lontani che mi hanno accolta, senza nemmeno conoscermi, nelle proprie case e nella propria famiglia. È un’emozione che ancora porto nel cuore. Ma il pellegrino passa e lascia solo orme dietro di sé… o forse no! E allora, ecco che mi arrivano gli auguri corredati dalle foto coi nipotini da parte di qualcuno e le foto scattate insieme da parte di qualcun altro… Le metterò qui, almeno quelle che ritraggono me (per i nipotini rispetterò la privacy) per condividere con voi il calore di questi ricordi, anche se ormai è arrivato l’inverno.

Perché non importa quanti passi farai, ma quali impronte lascerai nella vita degli altri.