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Tappa 31: Palavas-les-Flots – Sète. Quando i gabbiani parlano bisogna ascoltarli!

È da due giorni che le creature che incontro più spesso sono i gabbiani. E già ieri ho notato che, in qualche modo, comunicano con noi. All’uscita di Aigues-Mortes uno di loro, che probabilmente avevo svegliato, continuava a girarmi attorno e a indicarmi la strada da seguire, emettendo un verso strano, che non era il solito grido… Ma oggi è stata l’apoteosi: dopo aver studiato il percorso da seguire oggi e aver recuperato la traccia gps da seguire, ho deciso, insieme a Stefano, di fare una piccola deviazione per la cattedrale di Maguelon, una chiesa dell’XI secolo posta su striscia di terra a ovest di Palavas è collegata con un ponticello ciclo pedonale alla pista che costeggia il Canal Du Rhône à Sète. Pensavo (non so perché!) che, pur non essendo ancora aperta alle visite, perché troppo presto, avrei comunque potuto girarle attorno e raggiungere poi il canale. Quando sono stata circa 2km fuori dal centro di Palavas, ho svegliato una colonia di gabbiani, che non se la sono presa a male, ma hanno iniziato a gridarmi contro qualcosa che io ho interpretato come un: “Dove vai a quest’ora?! Mica si passa!”. E infatti, 2km più in là, c’era un bel cancellone massiccio che mi sbarrava inequivocabilmente il passo. Le scelte erano poche: ho fatto dietro-front e mi sono sobbarcata altri 4km per arrivare all’inizio della traccia gps. Quando sono stata là, un cartello giallo avvertiva che c’erano lavori in corso e che l’accesso era vietato. Naturalmente, alle 6:30 nessuno lavorava e, anche se una vocina mi sussurrava: “Oggi non ce n’è: vai a cercare un bus e fatti la colazione al bar”, ho pensato di tentare e vedere…in caso di reale pericolo avrei rinunciato. Sulla mia sinistra, meta della pista sterrata era occupata da quello che sembrava un mucchio di terra argillosa alto un paio di metri, sulla destra la pista era tranquilla, anche se un po’ bagnata. Ho proceduto fino alla fine del mucchio dove ho capito il perché dell’acqua a terra, salendo sopra un ponte: il mucchio era in realtà un invaso di contenimento per l’acqua, che arrivava a circa 1,70 metri dal piano di calpestio, ma un invaso in fase di consolidamento; l’acqua infatti filtrava allegramente da sotto. Bastava un piccolo cedimento e mi sarei trovata sommersa da metri cubi d’acqua… E in quel momento un gabbiano si alzó in volo gridando “Bus!!!”.
Ma no: il pellegrino deve sempre andare avanti e il pericolo era ormai dietro di me! Davanti c’erano circa 20km di pista tranquilla lungo il canale. E così ho deciso di procedere. Quasi alla fine del Canale, dopo aver salutato centinaia di gabbiani e decine di pescatori, però, un gabbiano si è alzato in volo, ha iniziato a gridarmi contro in modo aggressivo e a volarmi contro: si portava davanti a me, in alto, poi virava fino a guardarmi in faccia e calava in picchiata. Alla terza volta che faceva così gli ho agitato contro un bastoncino e ha smesso. Ho pensato di essere passata troppo vicina al suo nido. Dopo una mezz’ora, un altro gabbiano ha assunto esattamente lo stesso atteggiamento aggressivo. L’ho spaventato, ho proseguito. Dopo non molto il canale sfociava nel porto di Sète. Il primo pensiero è stato: fine del canale, fine della tappa. Nemmeno mi sono fermata a mangiare la banana… Ho accelerato e scavalcato il primo ponte. Al di là di esso, però, la Traccia mi portava su una strada dipartimentale a scorrimento veloce. Dovevo percorrerne solo 1-1.5 km ma non mi sembrava un’ideona: pochissimo spazio a bordo strada, nessuna possibilità di fuga, camion e auto a 90 all’ora. Ma non c’era scelta: non c’era modo di passare altrove perché c’era la ferrovia da scavalcare… Ho preso un respiro, detto una preghiera e sono andata. Ogni volta che veniva un camion mi sedevo sul New Jersey, con lo zaino all’esterno. Poi, a un certo punto, ho visto un vecchietto in bici a destra della strada: guardo e c’è una pista sterrata che corre lungo la ferrovia… Intravedo un varco a bordo strada più in là e penso che potrei attraversare e sfruttare quella pista. Vado avanti ancora un po’ per avvicinarmi, poi vedo arrivare un furgoncino giallo con le sirene e penso che sia venuto a prendermi perché non dovrei stare lì…poi guardo meglio: dietro di lui arriva un camion da trasporto eccezionale con una mobilhome da camping, che occupa tutta la corsia, lo spazio d’emergenza e anche parte dell’altra corsia. Mi avrebbe spiaccicata. In un attimo, ho guardato l’altra direzione di marcia: non veniva nessuno. Con uno scatto di reni, nervi e anche un po’ di intestino, ho attraversato e in due secondi ero sullo sterrato della ferrovia. Ho evitato la mobilhome per un soffio. Una volta in salvo, mi sono accorta di tremare: se non avessi visto il vecchietto un attimo fa, ora avrei decorato artisticamente un campeggio. Con l’aiuto del gps mi sono districata fra i binari e sono sbucata su un cialdone munito di largo marciapiede e di centri commerciali. Ho individuato un McDonald’s e mi ci sono fiondata. Ho preso una coca media e un gelato alla fragola per lavare via lo shock con gli zuccheri, poi mi sono connessa al wifi e ho chiamato mio marito. Ero già pronta a scrivere un post su una vera giornata di m…, quando esco dal Mac per andare in centro. Faccio due passi e un ragazzo biondo con i dread mi chiama: “Dove vai?” “A Santiago de Compostela” “L’avevo capito: ho visto la tua conchiglia!”. Tristan mi accompagna verso il centro, mi consola e mi racconta del suo lavoro di ebanista e della sua attività di produttore artigianale di casse da amplificazione in legno, dei concerti e dei festival reggae a cui partecipa, del viaggio in Toscana che sta progettando per festeggiare l’ottavo anniversario con la sua ragazza. Mi offre un caffè di benvenuto a Sète… Dovrebbe mandarmi una foto con i suoi amplificatori: così vi farò vedere come sono belli!
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Tappa 30: Aigues-Mortes – Palavas-les-Flots

Come ieri, anche la tappa di oggi è “off the road”, ossia non siamo in un Cammino ufficiale… Ma un grande poeta ci insegna che il Cammino non esiste, sono le impronte del pellegrino a crearlo: e d’altronde è sempre stato così nella storia, perché ognuno – grazie a Dio! – è libero di fare ciò che vuole anche per andare da un punto A a un punto B. E quindi oggi era proprio ora di andare al mare, anche se non ho con me l’ombrellone!
Da Aigues-Mortes mi sono diretta verso il mare, sempre seguendo le indicazioni di Flavio, e poi l’ho costeggiato attraverso i paesi di Le Grau du Roi e La Grande Motte. Poi ho tagliato dentro fino al Canal du Rhône, che ho costeggiato fino all’ingresso di Palavas-les-Flots. Ho camminato per quasi tutto il tempo su piacevoli piste ciclabili, sempre in condizioni di sicurezza: una pacchia! E le gambe andavano che era un piacere…solo un po’ di nostalgia di casa e di chi è a casa mi hanno un po’ preso lungo il Canale, ma un po’ di musica e sono arrivata facilmente a destinazione.
Qui, purtroppo, siamo in alta stagione in una zona molto turistica: per fortuna le provvidenziali signorine dell’Ufficio del Turismo mi hanno un po’ salvato il portafogli! Credo che in Francia siano davvero molto bravi a selezionare le addette agli uffici turistici, che si mostrano quasi sempre attente, disponibili e capaci di risolvere i problemi del viaggiatore!
Ora vi saluto e vado a portare i miei rispetti a un vecchio amico che mi aspetta: il mare!20140616-153638-56198569.jpg20140616-153639-56199410.jpg

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Da Arles a Palavas Les Flots passando per Saintes Maries de la Mer

Oggi mi sono dedicata a rintracciare con precisione il percorso che dovremo seguire (se decideremo di farlo) per andare da Arles a Saintes Maries de la Mer e da lì raggiungere Palavas Les Flots, attraverso la Camargue, che più Camargue non si può. Ne è venuto fuori un descrittivo, con alcune mappe più dettagliate rispetto a quelle già pubblicate e le tracce gps del percorso. Metto a disposizione anche le tracce gps, premettendo, però, che non le ho ancora potute verificare sul campo: se le voleste usare, quindi, prestate attenzione, perché basta sbagliare un incrocio e vi troverete sul lato sbagliato di uno stagno, costretti ad allungare di molto tappe già lunghe.

Comunque sia: ecco qua la “guidina” in formato PDF

  1. Traccia GPS da Arles a Saintes Maries de la Mer
  2. Traccia GPS da Saintes Maries de la Mer a Le Grau du Roi
  3. Traccia GPS da Le Grau du Roi a Palavas les Flots

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Variante in Camargue per Saintes Maries de la Mer

Quasi un anno fa, un collega mi parlava di un posto bellissimo di cui non sapevo niente: Saintes Maries de la Mer, un paesino sul mare, in Camargue, a una trentina di chilometri da Arles. Avremmo dovuto andarci in viaggio di nozze, ma non c’è stato tempo. Ieri, Stefano l’amico pellegrino che percorrerà con me il tratto francese del mio Cammino, mi chiama e mi propone di aggiungere una deviazione per Saintes Maries de la Mer al nostro itinerario. E perché no? Ricordo che mi ero un po’ informata e, oltre a essere turisticamente attraente per la sua posizione, era stato in passato anche un’importante meta di pellegrinaggio, tanto che anche oggi è meta di un pellegrinaggio importante per la comunità gitana. E così, nel giro di qualche ora, ecco approntata una possibile variante per Saintes-Maries de la Mer, che, se le gambe e il tempo ce lo permetteranno, potremo percorrere.

Tappa 1: Arles – Saintes Maries de la Mer, 35 km

Tappa 2: Saintes Maries de la Mer – Le Grau du Roi, 37 km

Tappa 3: Le Grau du Roi – Palavas les Flots, 20 km

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E ora vediamo un po’ perché sarebbe così interessante includere Saintes Maries de la Mer in questo Cammino.

Le Tre Marie

Secondo una tradizione molto antica, nei primi anni del Cristianesimo approdò in questo porto una barca priva di remi, vele o timone, che portava a bordo le tre Sante Marie e la loro serva Sara. Le tre Marie erano Maria Salomè, Maria di Giacomo e Maria Maddalena. Dal Vangelo di Giovanni, sappiamo che la madre di Gesù aveva una sorella, moglie di Cleofa e madre di Giacomo, detto il Minore: a essa la tradizione sembra attribuire il nome di Maria di Giacomo. Maria Salomè, invece, viene menzionata due volte nel Vangelo di Marco con il nome di Salome e, grazie al Vangelo di Matteo, la possiamo identificare con la madre dei figli di Zebedeo, ossia Giacomo il Maggiore, il cui sepolcro è venerato a Compostela, e Giovanni. Sono queste tre donne a recarsi per prime, dopo il sabato della Risurrezione, al sepolcro di Cristo e a trovarlo vuoto, vegliato dall’Angelo che le invia a portare la buona notizia agli Apostoli.

Secondo una tradizione medievale, le persecuzioni avvenute sotto l’impero di Tiberio avrebbero colpito anche le tre Marie, che sarebbero state arrestate e imbarcate su una nave priva di remi e vele che, condotta dalla Provvidenza, raggiunse la Provenza nel luogo che poi prese il nome di Saintes Maries de la Mer. Qui sorge una delle chiese cristiane più antiche d’Europa e ancora oggi il santuario è molto venerato.

Il culto di Santa Sara

Nella cripta del santuario, inoltre, è venerata Santa Sara, nome che non posso ignorare! Non ci sono fonti sicure per identificare questa santa, anzi, esistono almeno 4 tradizioni diverse:

  1. Una di queste è strettamente legata a quella delle Tre Marie: Sara sarebbe stata, infatti, una delle loro ancelle, che però non era stata imbarcata insieme a loro. Dopo aver supplicato le sue padrone di non abbandonarla, salì sul mantello che intanto Salomè le aveva gettato, usandolo miracolosamente come una zattera, servendosene per raggiungerle sulla barca.
  2. Secondo un’altra tradizione, Sara non proveniva dalla Palestina, ma era originaria della Camargue, discendente da una famiglia nobile e regina di una sua tribù. All’arrivo delle Tre Marie, le avrebbe accolte e si sarebbe successivamente convertita alla nuova religione.
  3. Esiste anche la tradizione secondo cui Sara avrebbe avuto origini egizie, badessa di un convento in Libia, oppure persiane, appartenente ad un gruppo di martiri.
  4. Non mancano, poi, le tradizioni più eretiche, frutto di quella “letteratura di confine” che tanto va di moda di questi tempi: Sara non sarebbe altro che la figlia di Gesù e della Maddalena, nata quando probabilmente la madre si trovava ancora in Palestina, oppure durante la traversata. Secondo queste teorie sarebbe questo il vero Santo Graal, ovvero il Sangue Reale, che la Maddalena avrebbe recato con sé in Provenza ed il “vaso” contenitore non sarebbe allora altro che un’allegoria del suo ventre, che gravido conteneva la stirpe divina, la discendenza di Gesù Cristo (per approfondimenti, potete anche leggere “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown che soddisferà tutta la fame di notizie del genere).

Sebbene non sia mai stata santificata dalla Chiesa Cattolica, il culto di questo personaggio è sopravvissuto ai secoli e oggi è venerata come patrona dei Gitani che ogni anno, il 24 e il 25 maggio si radunano per celebrarla, portandone la statua fino al mare.

N.B.: Un ringraziamento particolare a Flavio Vandoni, Georges Grave e a Manrico Canepari per la validazione dell’itinerario della variante e a Stefano Stefani per le informazioni storiche su Saintes Maries de la Mer.