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In questa pagina riporterò le mie annotazioni lungo il Cammino, per quanto mi sarà possibile… se c’è un posto dove potrete seguirmi, beh, quel posto è qui! Buen Camino!

Tappa 23: Reillanne – Apt

La giornata di oggi è stata la più devastante di tutto il cammino fatto fin qui: più di 32 km, percorsi prevalentemente su asfalto, con temperature incandescenti e umidità a manetta. Oltre tutto, a rallegrarci, siamo anche stati presi a male parole perché abbiamo osato riempire le borracce di acqua al rubinetto di un camping… Ora voglio solo riposare un po’ e quindi…vi lascio alle foto!
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Tappa 22: Forcalquier – Reillanne

Questa mattina la tappa si presentava breve e riposante, senza grosse difficoltà…e poi volevamo arrivare con calma per poter festeggiare, la sera, il compleanno di Roberto. Partiamo e ci dirigiamo su Mane: in realtà io mi sento un po’ rintronata, perché stamane ho dormito più del previsto e mi sono svegliata di soprassalto. Segue i segnali meccanicamente, i piedi che quasi sbattono a terra… Dopo Mane, arriviamo al priorato di Salagon: non molto tempo dopo sentiamo correre degli animali e ci superano come due fulmini due cagnolini da caccia. Per diversi chilometri ci precedono, correndo in avanscoperta, quasi sapessero leggere il balisage! Poi, quando stavamo per uscire dal bosco, uno dei due se n’è andato, lasciandoci con la sorella Lulù. Non c’è stato niente da fare: voleva venire con noi! Alla fine, arrivati assetati al bar di St.-Michel l’observatoire, abbiamo chiesto alla cameriera di avvertire il suo padrone al numero segnato sul collare. La bellissima Lulù, finché non è arrivato il padrone, non ci ha lasciato muovere un passo, restando sempre alle nostre calcagna e facendoci ridere per la devozione che ci dimostrava.
Dopo il paese di Saint-Michel la tappa era già oltre la metà e in un paio d’ore l’abbiamo finita, giungendo a Reillanne, dove ci aspettavano i miei genitori, per cenare insieme e festeggiare Roberto.
Come ho già scritto, stiamo imparando a gestirci le tappe come meglio crediamo, cercando di veder tutto, ma senza morire di fatica la sera: mai come in questi giorni mi sembra chiaro quello che dice Machado. Ossia, il cammino lo fa il viandante, il cammino di per sé non esiste… In questi giorni sono proprio le nostre orme nella polvere a tracciare un nuovo cammino, che prima non esisteva…20140608-173247-63167853.jpg

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Tappa 21: Peyruis – Forcalquier

La prima missione di oggi era raggiungere il monastero benedettino di Ganagobie. Beh, l’abbiamo portata a termine e con grande soddisfazione! Ganagobie è un pezzo di Medioevo che, nonostante tutti i rimaneggiamenti e i periodi di abbandono subiti, sembra essere riuscito a naufragare fino a noi… In particolare, le decorazioni architettoniche, le cui iconografie sembrano uscite da un incrocio non mediato fra l’arte preistorica e il Medioevo, mi hanno affascinata moltissimo. Fortunatamente, siamo arrivati sul posto pochi minuti prima delle 9 e abbiamo potuto entrare, ma purtroppo non vedere i mosaici che affiancano l’altare maggiore… Bisognerà tornare, prima o poi…
Dopo Ganagobie, abbiamo raggiunto Lurs, attraversando anche un bosco in cui un anonimo artista ha disseminato piccole opere d’arte fatte di sassi e ramoscelli. La parte più difficile della tappa, però, è stata raggiungere Forcalquier, con il sole ormai a picco sulla testa e il sudore a goccioloni. Il sentiero è, in realtà, molto piacevole e in un paio d’ore siamo arrivati a Forcalquier. Questa sera siamo ospitati presso il presbythère, dove organizzeremo anche una cena “pellegrina” in compagnia dei miei genitori.
In questo momento mi viene da fare una riflessione così, estemporanea: in questo cammino, come in ogni passo della nostra vita, ci sono i momenti in cui lo zaino si fa più pesante, il passo più lento, la testa stanca…ringrazio il cielo che mette sempre sulla mia strada un albero di ciliegie quando questo avviene, e che spesso quell’albero sono i sorrisi e l’affetto di chi mi ama, da vicino e da lontano: mio marito, i miei genitori, mia nonna, i miei zii…e tutti gli amici che mi stanno accompagnando in questo viaggio! Spero di poter essere anche io una ciliegia che allieti il pellegrino stanco e assetato.

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Tappe 20: Sisteron – Peyruis

Alcuni dei ricordi più belli che mi resteranno di queste settimane, trascorse attraversando la Francia a piedi, saranno sicuramente legati all’accoglienza splendida e generosa di alcune famiglie che mettono a disposizione dei pellegrini le loro case e il loro tempo, senza chiedere nulla in cambio. Uno di questi ricordi sarà relativo alla tappa di oggi: da Sisteron a Peyruis.
La tappa è stata molto piacevole: i dislivelli iniziano a essere meno marcati e i paesini un po’ più animati. Soprattutto, quello che sta cambiando di più, è il clima: stiamo lasciando pian piano le Alpi e, anche se stamane a Sisteron c’era una nebbia fredda, in breve l’aria si è fatta calda e umida, quasi soffocante… Immagino cosa sarà il caldo della Camargue fra non molti giorni! Ormai abbiamo anche iniziato a conoscere bene come funziona la mente – a volte un po’ perversa – dell’autore della nostra guida e di chi ha messo e mantiene egregiamente il balisage del GR: per questo abbiamo iniziato a guardare con occhio critico entrambi i percorsi e a distanziarcene quando lo riteniamo utile. Il risultato é che stiamo risparmiando chilometri alle nostre gambe e dislivelli non sempre necessari. Con il caldo che aumenta, evitare di arrivare troppo tardi e quindi fare aggiustamenti intelligenti diventerà sempre più importante, ma questo è possibile solo grazie al fatto di avere un’ottima guida, con un apparato grafico adeguato e comprensibile, e una segnaletica quasi impeccabile.
La tappa di oggi, in particolare, si è svolta prima sulle colline alle spalle di Sisteron e poi nelle ravines, dei calanchi scavati nella roccia calcarea dalle intemperie, che separano Peipin e Châteauneuf-Val-Saint-Donat: un paesaggio quasi lunare che ci ha spinti al silenzio rispettoso, dovuto anche al calore montante. Sia io che Roberto siamo arrivati a Châteauneuf lessati, con una scorta di poche gocce di acqua calda. Dopo una breve pausa siamo ripartiti: questa sera, a Peyruis ci raggiungono i miei genitori, che hanno deciso di trascorrere qualche giorno di vacanza da queste parti…forse per controllare che l’unica figlia fosse davvero ancora in vita! E così, armati di borracce di nuovo piene di acqua fresca, abbiamo affrontato il tratto di strada che ci separava da Peyruis, seguendo uno dei pochi tratti superstiti della romana Via Domitia. Incontrare i miei genitori dopo tanti giorni di Cammino è stato bello, ma il momento è stato breve: questa sera noi saremo ospitati da una famiglia di Peyruis e loro dovevano ancora trovare alloggio…ci rivedremo domani a Forcalquier! L’accoglienza che ci è stata riservata da Florence, Christian e da una delle loro figlie è stata bellissima: la cena nel giardino stupendo della loro casa, rallegrata dal canto delle rane e dei rospi, le chiacchiere e le risate come se fossimo in famiglia… Sono momenti che non mi sarei mai sognata di vivere e che non scorderò!20140607-180336-65016271.jpg20140607-180337-65017362.jpg20140607-180339-65019154.jpg

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Tappa 19: La Motte du Caire – Sisteron

La tappa di oggi si presentava come un susseguirsi di salite e discese finalizzate a evitare il tracciato delle strade asfaltate. Già ieri sera le condizioni del ginocchio di Stefano ci avevano fatto riflettere sull’opportunità di compiere la tappa seguendo la traccia del GR, ma stamane, dopo avere passato il Passaggio dell’uomo morto, la difficoltà è apparsa evidente. Così abbiamo optato per un comodo nastro di asfalto che ci ha condotto in poco più di 12 km fino a Sisteron. E così, eccoci qua: a Sisteron, dopo una bella cena a riposare. E io vi lascio alle foto di oggi, pochine a causa del tempo inclemente!

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Tappe 17 e 18: Notre Dame Du Laus – Gap – La Motte di Caire.. C’est fou, ça!

Gli ultimi due giorni sono stati impegnativi e con poca connessione. Dopo la tappa molto lunga che ci ha portati al santuario di Notre Dame du Laus, avevamo tutti bisogno di un po’ di riposo, così abbiamo pensato di approfittare della rete di accoglienza giacobee che ha un paio di referenti a Gap e abbiamo dimezzato la diciassettesima tappa, tagliandola a 11 km. Dopo una saluta colazione al santuario, mentre Stefano dedicava un po’ di tempo alla visita e alla preghiera, io e Roberto siamo partiti per Gap e vi siamo arrivati a fine mattinata. Dopo un pranzo rapido, su una panchina davanti alla cattedrale, abbiamo visitato la città, che ha una storia che risale a prima della romanizzazione. Abbiamo quindi contattato i nostri padroni di casa e ci siamo recati da loro per sistemarci per la notte. Claire e Jean-Marie abitano in un villaggetto stupendo sopra Gap e ci hanno accolto come se fossimo tre dei loro 7 figli! Dopo aver condiviso con loro le ciliegie del loro albero e un thé, ci siamo preparati per la cena, alla quale ha partecipato anche una loro amica di origini italiane. Prima di andare tutti à dodo, Jesn-Marie e Céline, che lavora fra Gap e Aix-en-Provence come insegnante di piano, si sono esibiti in un breve concerto a quattro mani per noi. Ci hanno poi preparato la colazione e Claire ci ha confezionato dei pranzi al sacco a base di ciliegie, prosciutto, formaggi francesi e lenticchie… La gratitudine per un’accoglienza così bella, dopo tanti giorni in cui abbiamo avuto difficoltà a trovare un posto letto è immensa!
Stamane ci Jean-Marie ci ha riportati in auto sul Cammino e io e Roberto ci siamo avviati verso Tallard, mentre Stefano tornava a Gap a cercare la guida che aveva scordato in cattedrale. La tappa fino a Tallard è stata tranquilla e panoramica, anche se ci ha costretti a salire di 600 metri per poi compiere lo stesso dislivello in discesa. Tallard è un bel paesino, con la chiesa dedicata a San Gregorio Armeno, che é morto qui nel 414, e le viuzze abbarbicate ai piedi del castello. Lo abbiamo lasciato per affrontare la seconda metà della tappa. Dopo un paio d’ore, avevamo raggiunto quota 1200 metri e abbiamo cercato un posto adatto al pranzo. L’abbiamo individuato alla fermata degli autobus di Les Blachiers. Proprio mentre stavamo apparecchiando la nostra panchina, arriva un signore e ci dice che per La Motte du Caire mancano ancora 18km, che bisogna salire ancora molto e poi ridiscendere… Che tutti i pellegrini che hanno fatto tappa a Gap si fermano lì, nel suo gîte. Noi avevamo già prenotato a La Motte e in più, essendo solo le 13, ancora ci sentivamo in grado di proseguire. Gli abbiamo fatto notare che non ci saremmo fermati e lui ha sbottato: “C’est fou, ça!”…come se andare a Santiago de Compostela a piedi non fosse folle!
E così, ci siamo rimessi in marcia, verso quota 1385 metri…il sentiero ha continuato a salire e scendere per tutto il pomeriggio, passando da un versante a un altro e da una valle a un’altra. Finché, alle 17 dopo 36km, ci ha depositato su una strada dipartimentale che, in 5km, ci avrebbe portati alla Motte du Caire, appena in tempo per non prendere la pioggia! Oraci riposiamo e domani andremo a Saint-Géniez, ameno paesino in cui pare ci siano un gîte e un maneggio… A presto con le prossime avventure e le foto!

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Tappa 16: Savines-le-Lac – Notre Dame di Laus

La tappa di oggi è stata molto bella, ma anche molto lunga e faticosa a causa dei dislivelli notevoli che abbiamo dovuto affrontare. Un altro fattore particolarmente significativo è stato il clima, che negli ultimi due giorni è radicalmente cambiato: l’aria fredda che scendeva dai ghiacciai è stata sostituita dal vento caldo che scalda l’erba e ci secca la gola e i pensieri in testa.
Come negli ultimi giorni, ho camminato con Roberto, mentre Stefano era ancora alle prese con problemi fisici che, speriamo, stanno gradualmente migliorando. Lasciare Savines-le-Lac non è stata una sofferenza, nonostante la bellezza del luogo: l’accoglienza ieri è stata pressoché inesistente, eccezion fatta per una signora gentilissima che ha cercato in ogni modo di aiutarci a trovare un alloggio, ma si è scontrata con un muro di gomma…
Oggi, invece, dopo numerosi saliscendi, siamo approdati al santuario mariano di Notre Dame di Laus. Siamo arrivati stanchi e accaldati, confortati solo dall’acqua fresca offertaci da una signora davanti alla cui casa siamo passati. Qui tutto è ben organizzato e ci è stato accordato un alloggio a mezza pensione a 24.50€ a testa…e stiamo alloggiando proprio sopra la cella in cui ha vissuto Bénoite!
Questa sera, dopo un momento di preghiera nella chiesa del santuario, ho anche incontrato il primo pellegrino in terra francese: Ignacio, un ragazzo argentino che sta andando da Santiago a Gerusalemme a piedi. Questo post é un po’ sconnesso, lo so, ma cado letteralmente dal sonno… Buon riposo a tutti!

P.S.: purtroppo la connessione oggi non mi consente di caricare le foto… Rimedierò nei prossimi giorni!
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Tappa 15: Embrun – Savines-le-Lac. Doveva essere una tappa facile… E invece…!

Questa mattina ci siamo svegliati freschi e riposati dopo la notte trascorsa all’Hotel Le Tourisme di Embrun, abbiamo fatto colazione al bar, fotografato le prime conche di bronzo che segnalano il Cammino è salutato gli scarponi di Stefano. Eravamo di buon umore, pronti ad affrontare una bella giornata e una tappa sostanzialmente breve, che ci avrebbe condotti all’Abbazia di Boscodon. All’uscita dalla città ci siamo separati: Stefano voleva fermarsi a vedere la cattedrale di Embrun, che Roberto e io già avevamo visto ieri sera. Così noi ci siamo incamminati giù per la rocca e poi su per i boschi che circondano Boscodon. Raccomandiamo a tutti di seguire pedissequamente la segnaletica bianca e rossa, per non ripetere la nostra esperienza. A un certo punto della salita, ci siamo resi conto che il GR stava sostanzialmente tagliando le curve di una strada asfaltata, impostando una salita piuttosto ripida in mezzo al sottobosco fradicio per la pioggia di questa notte. Pensando di seguire un percorso più agevole, allora, ci siamo incamminati sull’asfalto, controllando di tanto in tanto la direzione sul GPS. A un certo punto dobbiamo aver controllato male: secondo il GPS eravamo passati su un versante diverso da quello dell’abbazia, che ora si trovava nella valle accanto alla nostra. Poco male: la tappa era breve, allungarla di un paio di chilometri non ci avrebbe uccisi. Abbiamo chiesto al navigatore di portarci all’Abbazia e subito ha individuato un percorso fattibile e ben tracciato. Sulla carta era ben tracciato. Sul terreno, dopo 200 metri, anziché seguire una stradina, ci siamo trovati ad arrancare nell’erba alta, fradicia e poi nella boscaglia, scavalcando torrenti e recinzioni. Dopo un quarto d’ora di sforzi, riusciamo a sbucare in prossimità di alcune case, dove corre una bella strada sterrata: quella segnata su Maps. La imbocchiamo secondo le indicazioni del navigatore e va tutto bene. Per 5 minuti. Poi ci troviamo davanti a un cancello chiuso, al di là del quale non si vede alcuna strada. Nella fattoria vicina troviamo una signora che ci spiega che avremmo dovuto aprire il cancello, seguire la strada, seguire il torrente, arrivare al ponte, prendere a sinistra… Et voilà l’Abbaye!. Le facciamo notare che la strada era sbarrata e non segnata a terra: lei ci dice che dovrebbero – gli dèi delle strade – rinfrescare la segnaletica. Richiude il cancello alle nostre spalle e se ne va.
E qui inizia il calvario. Come avevamo intuito, la strada non esisteva più: era stata invasa da erba e bosco fitto e ormai era impossibile distinguere e seguirne il tracciato. Seguendo piste appartenenti probabilmente a dei cinghiali, abbiamo iniziato a scendere verso il famoso torrente e, dopo una mezz’ora di arrancamenti e scivoloni nel sottobosco fradicio e fitto, abbiamo guadato un corso d’acqua: ormai intravedevamo l’abbazia in alto, davanti a noi…la direzione era buona. Iniziamo a risalire il pendio verso gli edifici e, quando arriviamo in cima, Roberto mi dice di fermarmi: al di là c’è un dirupo verticale che scende al letto di un altro torrente, al quale si unisce quello che avevamo appena attraversato, per poi gettarsi in una cascata alta una quindicina di metri. Dovevamo per forza aggirare il dirupo ai nostri piedi, tornando ad attraversare il primo torrente e raggiungere le sponde del secondo. Dopo un’altra serie di arrancamenti e scivoloni, arriviamo sulla sponda. Le possibilità sono due: guadare gettando delle pietre in acqua o passare direttamente sulla gola, attaccandoci al traliccio che sorreggeva un grosso tubo. Francamente, l’idea del traliccio mi dava i brividi, ma la corrente, troppo forte per rischiare il guado, e l’entusiasmo di Roberto per il nostro ponte improvvisato mi hanno convinta. E così, passo dopo passo, siamo arrivati come due reduci dal Vietnam ai piedi dell’abbazia di Boscodon, luogo di meditazione e preghiera. In puro stile romanico, priva di ogni orpello, ci ha accolti in un silenzio confortante. Dopo aver ringraziato la Madonna con il Bambino che ci hanno condotti fino a lì, ci siamo concessi un pranzo leggero durante il quale effettuare il cambio calze (ormai fradicie e interrate). Abbiamo quindi ripreso il Cammino, sperando che Stefano avesse incontrato meno difficoltà di noi per raggiungere Boscodon.
Dopo un paio d’ore trascorse camminando nella boscaglia, ecco sbucare il lago di Savines-le-Lac. Savines è un paese di recente costruzione, che ha raccolto la popolazione di alcuni villaggi sommersi alla costruzione del lago di Serre-Ponçon. Si tratta di un centro votato al turismo, ma decisamente non all’accoglienza dei pellegrini: anche l’ostello della gioventù ha chiuso i battenti e i pellegrini devono rivolgersi ai normali hotel, con prezzi invariati (ossia una mazzata!). Non certo grazie all’aiuto del Centro del Turismo, siamo riusciti a trovare una stanza all’hotel Les Sources e ora abbiamo trascorso una rilassante serata di chiacchiere… Prima di dormire, solo un pensiero per Eva e per il suo piccolo Alberto, nato a Budapest 3 settimane fa: una delle cose da fare al mio ritorno sarà sicuramente andare a conoscere questo nuovo splendido uomo!20140531-222026-80426072.jpg

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Tappe 13 e 14: l’Argentière-la-Béssée – Guillestre – Embrun

Dopo un giorno di silenzio, occorre fare un passo indietro: la sera che abbiamo dormito a l’Argentière, la padrona del gîte (un soggetto!) ci aveva fatto presente che ieri sarebbe stata la Festa dell’Ascensione e che tutti i gîtes sarebbero probabilmente stati completi fino a lunedì… Questo, naturalmente, non ci ha rallegrati e così, da subito, ci siamo attivati per gli alloggi delle tappe seguenti. Grazie all’impiegata dell’ufficio del turismo di l’Argentière, abbiamo un po’ costretto il parroco di Guillestre a ospitarci in una sala parrocchiale. Quindi, ieri abbiamo percorso 22 stupendi chilometri lungo la Valle della Durance, fino a Mont Dauphin, dove Roberto è stato azzannato gentilmente a un calcagno mentre cercava una meridiana e poi abbiamo pranzato cercando di non far volare via anche la brocca d’acqua, dato il vento che c’era. Dopo siamo andati a Guillestre, per recuperare Stefano e raggiungere il buon parroco. Anche la cena è stata un po’ difficile: dopo aver provato a cenare in 4 ristoranti, abbiamo dovuto ripiegare su uno snack-bar, l’unico disposto ad accoglierci. Alle 20:30 è arrivato il parroco e ci ha consegnato la nostra magione: una sala da catechismo con i tavoli in formica e un bagnetto con cucinino. Per una volta, niente doccia e a nanna, a smaltire la stanchezza su un tavolaccio, come probabilmente facevano molti pellegrini nel Medioevo.
Questa mattina ero più stanca di prima, con l’anca sinistra completamente rigida, ma un thé caldo mi ha fatto ripartire. Stefano si è attardato a fare qualche foto e io sono andata avanti con Roberto, con due obiettivi chiari in mente: 1. Risolvere il problema pernottamento per oggi e 2. Acquistare del cibo. Inutile dire che abbiamo fallito entrambe le missioni: le gîtes non rispondevano e l’unico negozio di alimentari, incontrato dopo venti chilometri, era chiuso. Comunque la tappa ci ha premiati con la fontana pietrificante, curiosità geologiche e panorami mozzafiato. Considerato che ora vi scrivo da Embrun, da un letto matrimoniale in una stanza quintupla d’hotel che pagheremo per tripla…in fondo non abbiamo nulla da lamentarci!20140530-173608-63368546.jpg

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Les Vigneaux: l’affresco dei Vizi e delle Virtù

Narra la leggenda che monsieur Carle, un importante cittadino di Les Vigneaux, presidente del parlamento provinciale di Grenoble, voleva lasciare traccia indelebile di sé nella memoria dei suoi concittadini. Decise allora di commissionare a un giovane pittore italiano un affresco per decorare la facciata meridionale della chiesa di Saint-Laurant: poiché egli era fermamente convinto della fedeltà della moglie Louise e della propria irreprensibilità, scelse un ciclo dei vizi e delle virtù e affidò alla moglie l’incarico di sorvegliare i lavori. La bella Louise non si rivelò propriamente insensibile alla bellezza del giovane italiano e lo sedusse nel giro di pochi giorni. Non contenta, una sera in cui il marito era a Grenoble, partecipò in sua vece a una festa presso la casa del signore di Rame. Manco a dirlo, in assenza del marito e dell’amante, ci pensò proprio il signore di Rame a consolare la bella Louise.
Non contenta, il giorno dopo Louise si recò a sorvegliare l’operato del pittore al braccio del nuovo amante, scatenando nel cuore del giovane italiano il desiderio di vendetta. Fu così, che l’affresco fu completato con i ritratti di Louise, in veste della Lussuria, monsieur Carle, a impersonare l’Ira, e monsieur de Rame, con le sembianze dell’Orgoglio.
Al suo ritorno, il marito tradito vide l’affresco e capì l’accaduto. A sua volta, egli meditò vendetta. Dopo aver pagato il pittore e averlo congedato, mise a digiuno la mula della moglie per diversi giorni, poi invitò Louise ad accompagnarlo a una visita in un villaggio non distante. Appena la mula, assetata, si avvicinò a un torrente, Louise perse il controllo dell’animale, che la trascinò in acqua annegandola. Fu così consumata la vendetta del marito, che se la cavò facendo dire una Messa per la moglie defunta, presso la chiesa di Saint-Laurant.20140528-181934-65974279.jpg

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