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Tappe 17 e 18: Notre Dame Du Laus – Gap – La Motte di Caire.. C’est fou, ça!

Gli ultimi due giorni sono stati impegnativi e con poca connessione. Dopo la tappa molto lunga che ci ha portati al santuario di Notre Dame du Laus, avevamo tutti bisogno di un po’ di riposo, così abbiamo pensato di approfittare della rete di accoglienza giacobee che ha un paio di referenti a Gap e abbiamo dimezzato la diciassettesima tappa, tagliandola a 11 km. Dopo una saluta colazione al santuario, mentre Stefano dedicava un po’ di tempo alla visita e alla preghiera, io e Roberto siamo partiti per Gap e vi siamo arrivati a fine mattinata. Dopo un pranzo rapido, su una panchina davanti alla cattedrale, abbiamo visitato la città, che ha una storia che risale a prima della romanizzazione. Abbiamo quindi contattato i nostri padroni di casa e ci siamo recati da loro per sistemarci per la notte. Claire e Jean-Marie abitano in un villaggetto stupendo sopra Gap e ci hanno accolto come se fossimo tre dei loro 7 figli! Dopo aver condiviso con loro le ciliegie del loro albero e un thé, ci siamo preparati per la cena, alla quale ha partecipato anche una loro amica di origini italiane. Prima di andare tutti à dodo, Jesn-Marie e Céline, che lavora fra Gap e Aix-en-Provence come insegnante di piano, si sono esibiti in un breve concerto a quattro mani per noi. Ci hanno poi preparato la colazione e Claire ci ha confezionato dei pranzi al sacco a base di ciliegie, prosciutto, formaggi francesi e lenticchie… La gratitudine per un’accoglienza così bella, dopo tanti giorni in cui abbiamo avuto difficoltà a trovare un posto letto è immensa!
Stamane ci Jean-Marie ci ha riportati in auto sul Cammino e io e Roberto ci siamo avviati verso Tallard, mentre Stefano tornava a Gap a cercare la guida che aveva scordato in cattedrale. La tappa fino a Tallard è stata tranquilla e panoramica, anche se ci ha costretti a salire di 600 metri per poi compiere lo stesso dislivello in discesa. Tallard è un bel paesino, con la chiesa dedicata a San Gregorio Armeno, che é morto qui nel 414, e le viuzze abbarbicate ai piedi del castello. Lo abbiamo lasciato per affrontare la seconda metà della tappa. Dopo un paio d’ore, avevamo raggiunto quota 1200 metri e abbiamo cercato un posto adatto al pranzo. L’abbiamo individuato alla fermata degli autobus di Les Blachiers. Proprio mentre stavamo apparecchiando la nostra panchina, arriva un signore e ci dice che per La Motte du Caire mancano ancora 18km, che bisogna salire ancora molto e poi ridiscendere… Che tutti i pellegrini che hanno fatto tappa a Gap si fermano lì, nel suo gîte. Noi avevamo già prenotato a La Motte e in più, essendo solo le 13, ancora ci sentivamo in grado di proseguire. Gli abbiamo fatto notare che non ci saremmo fermati e lui ha sbottato: “C’est fou, ça!”…come se andare a Santiago de Compostela a piedi non fosse folle!
E così, ci siamo rimessi in marcia, verso quota 1385 metri…il sentiero ha continuato a salire e scendere per tutto il pomeriggio, passando da un versante a un altro e da una valle a un’altra. Finché, alle 17 dopo 36km, ci ha depositato su una strada dipartimentale che, in 5km, ci avrebbe portati alla Motte du Caire, appena in tempo per non prendere la pioggia! Oraci riposiamo e domani andremo a Saint-Géniez, ameno paesino in cui pare ci siano un gîte e un maneggio… A presto con le prossime avventure e le foto!

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Tappa 16: Savines-le-Lac – Notre Dame di Laus

La tappa di oggi è stata molto bella, ma anche molto lunga e faticosa a causa dei dislivelli notevoli che abbiamo dovuto affrontare. Un altro fattore particolarmente significativo è stato il clima, che negli ultimi due giorni è radicalmente cambiato: l’aria fredda che scendeva dai ghiacciai è stata sostituita dal vento caldo che scalda l’erba e ci secca la gola e i pensieri in testa.
Come negli ultimi giorni, ho camminato con Roberto, mentre Stefano era ancora alle prese con problemi fisici che, speriamo, stanno gradualmente migliorando. Lasciare Savines-le-Lac non è stata una sofferenza, nonostante la bellezza del luogo: l’accoglienza ieri è stata pressoché inesistente, eccezion fatta per una signora gentilissima che ha cercato in ogni modo di aiutarci a trovare un alloggio, ma si è scontrata con un muro di gomma…
Oggi, invece, dopo numerosi saliscendi, siamo approdati al santuario mariano di Notre Dame di Laus. Siamo arrivati stanchi e accaldati, confortati solo dall’acqua fresca offertaci da una signora davanti alla cui casa siamo passati. Qui tutto è ben organizzato e ci è stato accordato un alloggio a mezza pensione a 24.50€ a testa…e stiamo alloggiando proprio sopra la cella in cui ha vissuto Bénoite!
Questa sera, dopo un momento di preghiera nella chiesa del santuario, ho anche incontrato il primo pellegrino in terra francese: Ignacio, un ragazzo argentino che sta andando da Santiago a Gerusalemme a piedi. Questo post é un po’ sconnesso, lo so, ma cado letteralmente dal sonno… Buon riposo a tutti!

P.S.: purtroppo la connessione oggi non mi consente di caricare le foto… Rimedierò nei prossimi giorni!
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Tappa 15: Embrun – Savines-le-Lac. Doveva essere una tappa facile… E invece…!

Questa mattina ci siamo svegliati freschi e riposati dopo la notte trascorsa all’Hotel Le Tourisme di Embrun, abbiamo fatto colazione al bar, fotografato le prime conche di bronzo che segnalano il Cammino è salutato gli scarponi di Stefano. Eravamo di buon umore, pronti ad affrontare una bella giornata e una tappa sostanzialmente breve, che ci avrebbe condotti all’Abbazia di Boscodon. All’uscita dalla città ci siamo separati: Stefano voleva fermarsi a vedere la cattedrale di Embrun, che Roberto e io già avevamo visto ieri sera. Così noi ci siamo incamminati giù per la rocca e poi su per i boschi che circondano Boscodon. Raccomandiamo a tutti di seguire pedissequamente la segnaletica bianca e rossa, per non ripetere la nostra esperienza. A un certo punto della salita, ci siamo resi conto che il GR stava sostanzialmente tagliando le curve di una strada asfaltata, impostando una salita piuttosto ripida in mezzo al sottobosco fradicio per la pioggia di questa notte. Pensando di seguire un percorso più agevole, allora, ci siamo incamminati sull’asfalto, controllando di tanto in tanto la direzione sul GPS. A un certo punto dobbiamo aver controllato male: secondo il GPS eravamo passati su un versante diverso da quello dell’abbazia, che ora si trovava nella valle accanto alla nostra. Poco male: la tappa era breve, allungarla di un paio di chilometri non ci avrebbe uccisi. Abbiamo chiesto al navigatore di portarci all’Abbazia e subito ha individuato un percorso fattibile e ben tracciato. Sulla carta era ben tracciato. Sul terreno, dopo 200 metri, anziché seguire una stradina, ci siamo trovati ad arrancare nell’erba alta, fradicia e poi nella boscaglia, scavalcando torrenti e recinzioni. Dopo un quarto d’ora di sforzi, riusciamo a sbucare in prossimità di alcune case, dove corre una bella strada sterrata: quella segnata su Maps. La imbocchiamo secondo le indicazioni del navigatore e va tutto bene. Per 5 minuti. Poi ci troviamo davanti a un cancello chiuso, al di là del quale non si vede alcuna strada. Nella fattoria vicina troviamo una signora che ci spiega che avremmo dovuto aprire il cancello, seguire la strada, seguire il torrente, arrivare al ponte, prendere a sinistra… Et voilà l’Abbaye!. Le facciamo notare che la strada era sbarrata e non segnata a terra: lei ci dice che dovrebbero – gli dèi delle strade – rinfrescare la segnaletica. Richiude il cancello alle nostre spalle e se ne va.
E qui inizia il calvario. Come avevamo intuito, la strada non esisteva più: era stata invasa da erba e bosco fitto e ormai era impossibile distinguere e seguirne il tracciato. Seguendo piste appartenenti probabilmente a dei cinghiali, abbiamo iniziato a scendere verso il famoso torrente e, dopo una mezz’ora di arrancamenti e scivoloni nel sottobosco fradicio e fitto, abbiamo guadato un corso d’acqua: ormai intravedevamo l’abbazia in alto, davanti a noi…la direzione era buona. Iniziamo a risalire il pendio verso gli edifici e, quando arriviamo in cima, Roberto mi dice di fermarmi: al di là c’è un dirupo verticale che scende al letto di un altro torrente, al quale si unisce quello che avevamo appena attraversato, per poi gettarsi in una cascata alta una quindicina di metri. Dovevamo per forza aggirare il dirupo ai nostri piedi, tornando ad attraversare il primo torrente e raggiungere le sponde del secondo. Dopo un’altra serie di arrancamenti e scivoloni, arriviamo sulla sponda. Le possibilità sono due: guadare gettando delle pietre in acqua o passare direttamente sulla gola, attaccandoci al traliccio che sorreggeva un grosso tubo. Francamente, l’idea del traliccio mi dava i brividi, ma la corrente, troppo forte per rischiare il guado, e l’entusiasmo di Roberto per il nostro ponte improvvisato mi hanno convinta. E così, passo dopo passo, siamo arrivati come due reduci dal Vietnam ai piedi dell’abbazia di Boscodon, luogo di meditazione e preghiera. In puro stile romanico, priva di ogni orpello, ci ha accolti in un silenzio confortante. Dopo aver ringraziato la Madonna con il Bambino che ci hanno condotti fino a lì, ci siamo concessi un pranzo leggero durante il quale effettuare il cambio calze (ormai fradicie e interrate). Abbiamo quindi ripreso il Cammino, sperando che Stefano avesse incontrato meno difficoltà di noi per raggiungere Boscodon.
Dopo un paio d’ore trascorse camminando nella boscaglia, ecco sbucare il lago di Savines-le-Lac. Savines è un paese di recente costruzione, che ha raccolto la popolazione di alcuni villaggi sommersi alla costruzione del lago di Serre-Ponçon. Si tratta di un centro votato al turismo, ma decisamente non all’accoglienza dei pellegrini: anche l’ostello della gioventù ha chiuso i battenti e i pellegrini devono rivolgersi ai normali hotel, con prezzi invariati (ossia una mazzata!). Non certo grazie all’aiuto del Centro del Turismo, siamo riusciti a trovare una stanza all’hotel Les Sources e ora abbiamo trascorso una rilassante serata di chiacchiere… Prima di dormire, solo un pensiero per Eva e per il suo piccolo Alberto, nato a Budapest 3 settimane fa: una delle cose da fare al mio ritorno sarà sicuramente andare a conoscere questo nuovo splendido uomo!20140531-222026-80426072.jpg

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Tappe 13 e 14: l’Argentière-la-Béssée – Guillestre – Embrun

Dopo un giorno di silenzio, occorre fare un passo indietro: la sera che abbiamo dormito a l’Argentière, la padrona del gîte (un soggetto!) ci aveva fatto presente che ieri sarebbe stata la Festa dell’Ascensione e che tutti i gîtes sarebbero probabilmente stati completi fino a lunedì… Questo, naturalmente, non ci ha rallegrati e così, da subito, ci siamo attivati per gli alloggi delle tappe seguenti. Grazie all’impiegata dell’ufficio del turismo di l’Argentière, abbiamo un po’ costretto il parroco di Guillestre a ospitarci in una sala parrocchiale. Quindi, ieri abbiamo percorso 22 stupendi chilometri lungo la Valle della Durance, fino a Mont Dauphin, dove Roberto è stato azzannato gentilmente a un calcagno mentre cercava una meridiana e poi abbiamo pranzato cercando di non far volare via anche la brocca d’acqua, dato il vento che c’era. Dopo siamo andati a Guillestre, per recuperare Stefano e raggiungere il buon parroco. Anche la cena è stata un po’ difficile: dopo aver provato a cenare in 4 ristoranti, abbiamo dovuto ripiegare su uno snack-bar, l’unico disposto ad accoglierci. Alle 20:30 è arrivato il parroco e ci ha consegnato la nostra magione: una sala da catechismo con i tavoli in formica e un bagnetto con cucinino. Per una volta, niente doccia e a nanna, a smaltire la stanchezza su un tavolaccio, come probabilmente facevano molti pellegrini nel Medioevo.
Questa mattina ero più stanca di prima, con l’anca sinistra completamente rigida, ma un thé caldo mi ha fatto ripartire. Stefano si è attardato a fare qualche foto e io sono andata avanti con Roberto, con due obiettivi chiari in mente: 1. Risolvere il problema pernottamento per oggi e 2. Acquistare del cibo. Inutile dire che abbiamo fallito entrambe le missioni: le gîtes non rispondevano e l’unico negozio di alimentari, incontrato dopo venti chilometri, era chiuso. Comunque la tappa ci ha premiati con la fontana pietrificante, curiosità geologiche e panorami mozzafiato. Considerato che ora vi scrivo da Embrun, da un letto matrimoniale in una stanza quintupla d’hotel che pagheremo per tripla…in fondo non abbiamo nulla da lamentarci!20140530-173608-63368546.jpg

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Les Vigneaux: l’affresco dei Vizi e delle Virtù

Narra la leggenda che monsieur Carle, un importante cittadino di Les Vigneaux, presidente del parlamento provinciale di Grenoble, voleva lasciare traccia indelebile di sé nella memoria dei suoi concittadini. Decise allora di commissionare a un giovane pittore italiano un affresco per decorare la facciata meridionale della chiesa di Saint-Laurant: poiché egli era fermamente convinto della fedeltà della moglie Louise e della propria irreprensibilità, scelse un ciclo dei vizi e delle virtù e affidò alla moglie l’incarico di sorvegliare i lavori. La bella Louise non si rivelò propriamente insensibile alla bellezza del giovane italiano e lo sedusse nel giro di pochi giorni. Non contenta, una sera in cui il marito era a Grenoble, partecipò in sua vece a una festa presso la casa del signore di Rame. Manco a dirlo, in assenza del marito e dell’amante, ci pensò proprio il signore di Rame a consolare la bella Louise.
Non contenta, il giorno dopo Louise si recò a sorvegliare l’operato del pittore al braccio del nuovo amante, scatenando nel cuore del giovane italiano il desiderio di vendetta. Fu così, che l’affresco fu completato con i ritratti di Louise, in veste della Lussuria, monsieur Carle, a impersonare l’Ira, e monsieur de Rame, con le sembianze dell’Orgoglio.
Al suo ritorno, il marito tradito vide l’affresco e capì l’accaduto. A sua volta, egli meditò vendetta. Dopo aver pagato il pittore e averlo congedato, mise a digiuno la mula della moglie per diversi giorni, poi invitò Louise ad accompagnarlo a una visita in un villaggio non distante. Appena la mula, assetata, si avvicinò a un torrente, Louise perse il controllo dell’animale, che la trascinò in acqua annegandola. Fu così consumata la vendetta del marito, che se la cavò facendo dire una Messa per la moglie defunta, presso la chiesa di Saint-Laurant.20140528-181934-65974279.jpg

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Tappa 12: Briançon – L’Argentière-la-Béssée

Oggi sarò breve e vi lascio con qualche foto. La tappa è stata davvero bella, abbastanza breve da darci il tempo di riposare al nostro arrivare. Abbiamo camminato tutto il giorno lungo la Vallée de la Durance, un fiume veramente maestoso, che ci accompagnerà per diversi giorni. Il paesaggio è stato tutto il giorno molto bello, il Cammino tranquillo e ben segnalato… Ora ci aspetta la missione di trovare un alloggio per domani! Se riesco, torno più tardi con la leggenda della danza macabra di Les Vigneaux.20140528-144215-52935930.jpg

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Tappa 11: Oulx – Briançon

Oggi sono molto felice di essere qua a scrivere: la tappa che ho affrontato era la più dura e quella che forse più temevo! E invece è andata bene e mi è piaciuta davvero molto!
La mattina è iniziata con un po’ di timore per il meteo, che poi è stato clemente e ci ha regalato una bella giornata solo un po’ ventosa, ma Stefano ed io abbiamo lasciato Oulx e Giancarlo (che prosegue verso Vercelli): dovevamo affrontare la salita al passo del Monginevro. Siamo partiti di buon passo, costeggiando un po’ la SS24 e lasciandola per raggiungere dei grumi di case sparse a mezza costa. Non ascoltando il consiglio di Gianfranco – siamo un po’ testoni, ma il cimento fisico ci piace – abbiamo anche affrontato le Gorges di San Gervasio, un sentiero che corre parallelo alla statale, in una gola rocciosa che ospita un torrente spumeggiante. Arrivati in fondo al sentiero, avevamo superato i quasi 800 metri di dislivello che separano Oulx dal passo del Monginevro…e ci siamo quasi divertiti!
Dopo questa sudata, abbiamo passato la frontiera a Clavière e raggiunto il paese francese di Montgénèvre, e lì mi sono resa davvero conto che il primo pezzo di questo lungo viaggio era alle spalle e mi sono commossa un po’…poi, ci siamo premiati con un pranzo rinfrancante. Una volta ripartiti, una voce ci chiama a voltarci: ecco Roberto, che ci raggiunge per camminare con noi fino ad Arles o forse più in là…
La discesa verso Briançon è durata un paio d’ore e, dopo aver attraversato la cittadella, eccoci approdati a casa di un gentilissimo prete-medico che offre accoglienza ai pellegrini, con tanto di cena comunitaria… Meglio di così non poteva andare!
Ora siamo pronti per affrontare, da domani, l’avventura lungo la Via Domitia!20140527-185516-68116759.jpg

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Tappa 10: Susa – Oulx

Questa mattina ho aperto gli occhi e sembrava pomeriggio: nuvole pesanti e una pioggerellina sottile mi hanno ricordato che siamo in montagna e che il caldo delle risaie è alle mie spalle! Nonostante la voglia di girarmi e continuare a dormire, mi sono alzata e preparata: bisogna sempre andare avanti! Ci ha pensato suor Bibiana a rallegrarmi con una colazione buona per tre persone celiache! Ha anche trovato un sacerdote ultra novantenne che mi ha benedetta: la mia prima benedizione da pellegrina!
Dopo colazione, sono uscita: la pioggia non era niente di che e nel giro di un’ora e mezza era praticamente finita.
La tappa di oggi è stata molto bella, anche se lunga, dura e adatta più agli escursionisti che al pellegrino con lo zainone: bisogna prestare molta attenzione ai tratti nel bosco, dove il sentiero si fa stretto e sdrucciolevole, soprattutto con questo tempo! Comunque ho attraversato i boschi silenziosi della Val di Susa, turbati solo dai cantieri TAV e dall’autostrada. Ho visto cascate e laghi, attraversato paesini mezzo abbandonati ma ricchi di fascino perché testimonianza di un tempo in cui la montagna era abitata. Sono passata sotto al Forte di Exilles, dove dicono sia stato imprigionato “la maschera di ferro” e dove oggi la fanno da padrone i cartelli “C’era una volta a Exilles”… C’erano tante attività in questa cittadina che pochi decenni fa contava più di 3000 anime, ma ora conta più che altro imposte chiuse. Eppure qui ho incontrato le prime tre persone che mi hanno chiesto se andassi a Compostela… E così mi è venuta voglia di cantare l’inno dei pellegrini che mi era stato insegnato a Granon. Forse grazie alla mia voce magica, ho potuto avvistare la fuga di due camosci e un sacco di scoiattoli, lungo il Sentiero dei Franchi che attraversa il Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand.
Ora sono dai Salesiani di Oulx, insieme ad altri due pellegrini: Giancarlo che va verso Roma, e Stefano, che da domani camminerà con me verso Compostela!20140526-181909-65949964.jpg

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Tappa 9: Sant’Ambrogio di Torino – Sacra di San Michele – Susa

Oggi ci sono stati due fattori che hanno reso pesante la tappa. Il primo era la necessità di arrivare a Susa in tempo affinché Alessandro non perdesse il treno per Torino (alle 16:10). Il secondo era la presenza, fin dal mattino di un fronte di nuvole gonfie e scure sulle montagne a nord. Naturalmente, poi, a noi non piace avere una vita semplice e così ci siamo detti che, non essendo riusciti a salire alla Sacra ieri sera, dovevamo farlo oggi! Quindi abbiamo aggiunto circa 4km con pendenza media del 18% a una tappa di 29km! Eppure ce l’abbiamo fatta: 33km in 7 ore e qualcosa, con la salita e la discesa alla Sacra come aperitivo… Nella peggiore tradizione dei velocisti del Cammino, ma tant’è!
Io ho camminato tutto il giorno con il cuore combattuto: per raggiungermi qua e là, Alessandro si sobbarca già un carico sufficiente di fatica e, se avesse perso il treno delle 4 sarebbe arrivato a casa a mezzanotte passata con la prospettiva di partire all’alba con valigia da fare e tutto il resto! Ma, d’altro canto, non volevo lasciarlo partire: ora passerà probabilmente qualche settimana prima che potremo rivederci. Con l’età mi sto rammollendo, lo so, ma già mi manca terribilmente!
Vabeh… A parte questo, che forse vi interessa anche poco, la tappa è molto bella, e si snoda fra il lato destro e sinistro della valle. La Sacra di San Michele è uno splendore (noi dovremo tornarci: al nostro passaggio era ancora chiusa!) e vale la fatica spesa per raggiungerla! Per il resto, purtroppo oggi tutto era reso più cupo dalle nuvole incombenti, che ancora minacciano pioggia, e dal mio umore…
Ora scrivo dalla poltroncina in dotazione alla cameretta singola che mi hanno riservato le suore di San Giuseppe qui a Susa: per questo e per le attenzioni affettuose, va un sincero grazie a suor Bibiana, che accoglie i pellegrini! Domani sera arriva Stefano e confido che riuscirà a riportarmi il sorriso! 20140525-174210-63730486.jpg

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Tappe 7 e 8: Torrazza Piemonte – Torino – Sant’Ambrogio Torinese

Ieri non sono proprio riuscita a scrivere nulla: ero veramente disfatta e ho preferito godere di un po’ di riposo e della compagnia degli amici che mi hanno ospitata a Torino… Spero mi scuserete!
Comunque ieri mattina sono partita con gli auguri un po’ scettici di don Patrice di non trovare pioggia lungo la via per Torino e, invece, mi è stata donata una giornata splendida: soleggiata e calda! Camminando in mezzo a campi bagnati di rugiada e della pioggia della sera precedente, mi sono bevuta senza accorgermene, il pezzo di strada che collega Torrazza a Chivasso. Davanti al Duomo mi sono liberata dello zaino e ho aspettato Valeria, un’amica pellegrina che si è offerta di aiutare un amico in difficoltà. Dopo un cappuccino insieme siamo ripartite insieme per condividere un pezzo di strada e ci siamo salutate dopo aver incontrato una passeggiatrice più “professionista”. Dopo nemmeno 2km ho incontrato Carlo, un altro pellegrino, che mi è venuto incontro da San Mauro Torinese. Insieme abbiamo percorso, fra una chiacchiera e l’altra, il Cammino lungo il Po e poi da Gassino a San Mauro. Arrivati ancora una volta al Po, la strada per raggiungere la casa di Barbara, Marco e Margot, i nostri hospitaleri, era ancora lunga almeno 10km. Con altri 30 alle spalle, nonostante la mia scarsa propensione a prendere mezzi pubblici, mi è sembrato insensato percorrere 40km concludendo la tappa attraverso Torino…e così Carlo mi ha accompagnata in un tour sull’autobus 61 fino a Porta Nuova e poi sulla metropolitana senza autista fino a trovare Barbara, una mia collega, che portava a spasso Margot!
Per cena, è arrivato anche Alessandro, mio marito, e siamo andati tutti insieme cena in una trattoria piemontese con la Manu, un’altra fantastica archeologa, suo marito Michele e la dolcissima Sofia dalla folta chioma.
Stamane ci siamo riportati sulla Francigena lungo Corso Francia e siamo usciti da Torino per raggiungere Rivoli, Rosta e la chiesa di Sant’Antonio di Ranverso: un gioiello ben nascosto alle pendici delle prime colline che immettono in Val di Susa. Gli affreschi di fine XV secolo ci hanno lasciati a bocca aperta e ci hanno dato la spinta per procedere fino ad Avigliana, dove abbiamo sostato per uno spuntino. Il kiwi e la banana devo averci offuscato il giudizio, visto che poi abbiamo prontamente perso le frecce e, per ritrovarle, abbiamo attraversato tutto il centro storico. Essendo un po’ in anticipo per l’arrivo a Sant’Ambrogio, ci siamo anche concesso un pranzo veloce al bar Tritolo, presso il museo del dinamitificio di Avigliana. Gli ultimi 3km li abbiamo fatti in compagnia della Sacra di San Michele, che dominava dall’alto il paesaggio…ora attendiamo don Romeo per prendere alloggio e andare, senza gli zaini, a visitare San Michele sul suo nido d’aquila!

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